Per 2 miliardi Previti perdona

L'Unità – Caro direttore, ho preso atto di essere stato citato con
te in una causa civile dall'onorevole Cesare Previti. Ho preso atto che egli si
è molto doluto per l'articolo da me scritto per l'Unità del 5 novembre scorso,
con il quale criticavo il giudizio del presidente del Senato Marcello Pera
sullo scandalo dei pianisti, scoppiato, come ricorderai, in contemporanea con le
ultime votazioni della legge Cirami.

Sostenevo nell'articolo che il Parlamento, ben più che
avere evidenziato nell'occasione un «foruncolo», avesse manifestato la malattia
del «previtismo», la quale mina il rapporto di questa maggioranza con la
giustizia e con la stessa correttezza dei comportamenti istituzionali. E che è
questa malattia, per le forzature intollerabili di tempi e priorità a cui
sottopone le Camere, a indurre i membri della maggioranza a esibire i loro
repertori peggiori: l'obbedienza cieca, il leguleismo asfittico, la mancanza di
rispetto per i diritti altrui, la disinvoltura truffaldina nel voto. Due
miliardi di vecchie lire, ci chiede all'incirca Cesare Previti per avere io
scritto e tu ospitato questa lecita e politicissima opinione, confortata
davanti al mondo da quanto è accaduto nell'ultimo anno e mezzo di vita
parlamentare e che tutta la stampa libera ha dettagliatamente raccontato e
analizzato.

Personalmente pensavo, come parlamentare di questa
Repubblica, di essere già stato abbastanza umiliato nella mia dignità dalle
leggi ad personam che l'on. Previti e il capo del governo ci hanno costretto a
discutere e votare in tempi e modi incompatibili con il decoro e i doveri
primari di un libero Parlamento. Ora noto che egli, non contento di dare ordini
-come da mille fonti sappiamo- alle istituzioni in cui operano gli eletti del
popolo, pretende anche che nessuno eserciti la propria critica di fronte a
tanto scempio. Vuole cambiarsi i magistrati e vuole zittire i parlamentari,
anche nelle opinioni che essi esprimono specificamente sulla natura e
sull'esercizio della loro funzione.

È vero che dispongo, a norma di Costituzione, di una
immunità parlamentare. Ma, come ben sai, questa viene concessa dall'Aula a
maggioranza e non è mai un diritto riconosciuto. Il suo riconoscimento è cioè
frutto di una decisione politica. E io ho visto appena l'altra sera un
parlamentare dell'opposizione (di Rifondazione) escluso con votazione a
maggioranza dal Senato a vantaggio di un (nuovo) esponente della Casa delle
libertà; l'ho visto dichiarare «ineleggibile», sappi, sulla base non di una
nuova conta dei voti, ma di un'analisi probabilistica su un campione di voti,
peraltro non statisticamente rappresentativo. Tutto avviene insomma per
decisione di una maggioranza obbediente. Perciò considero questa citazione per
quello che nei fatti è: una intimidazione bella e buona verso un parlamentare
dell'opposizione. Il quale ha espresso un giudizio infinitamente più politico e
corretto (nella forma intendo) delle mille esternazioni insultanti e
diffamatorie che lo schieramento dell'onorevole Previti ritiene ogni anno di
coprire con la speciale «insindacabilità» spettante ai parlamentari.

Ma non mi sfugge, caro direttore, che questa è anche una
intimidazione al tuo giornale, che nella presente, avventurata legislatura è
stato in primissima fila nel denunciare gli imbrogli, i colpi di mano, gli
sfondamenti dei princìpi costituzionali. La Casa delle libertà ama
imbavagliare. Chiede obbedienza e silenzio. Anzi, proprio il ministro Castelli,
che ha inserito ai primi punti del suo programma per la giustizia l'abolizione
dei reati d'opinione -tra i quali annovera per definizione gli insulti
sanguigni rivolti ad altri dal suo capo- oggi fa causa civile a Franca Rame per
un «pirla» pronunciato a bruciapelo in una conversazione semiprivata. Io credo
che ci dobbiamo ribellare. Che non possiamo tollerare questo ulteriore livello
di attacco alle nostre libertà. Che dovrebbero semmai essere i cittadini
italiani a fare causa civile a Previti per il danno arrecato -in dignità, in
immagine- al più grande patrimonio morale e civile di cui essi dispongano, le
loro istituzioni democratiche.

Continuerò a scrivere, senza offendere nessuno
personalmente, ciò che penso delle responsabilità politiche e civili dei
protagonisti della scena pubblica. Convinto che tu continuerai a ospitare ciò
che scrivo io e ciò che scrivono gli altri tuoi collaboratori che hanno
liberamente raccontato quest'anno tormentato. Con amicizia

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