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Storia di Ordinaria Follia
L’Unità – E come dargli torto, povero premier? Perché montargli contro un’altra pretestuosa polemica proprio quando le massime autorità istituzionali ci esortano alla moderazione? Ma scusate, non vi sembrano anche a voi antropologicamente strani questi magistrati?
Non dico del tutto, integralmente, ma almeno un poco strani? Almeno qualche volta? Su, proviamo a passarci una mano sulla coscienza prima di esercitarci nella comoda arte dei lazzi e dei frizzi. Prima di sparare per l’ennesima volta sulla Croce rossa. E ragioniamo. Non facciamoci abbagliare dall’odio, ragioniamo.Come giudicare, ad esempio, dei signori o delle signore che prendono una laurea in legge e sul più bello, invece di mettersi a fare gli avvocati, invece di avviare un fiorente studio professionale, con quello che valgono oggi le cause (dice che perfino il presidente del Consiglio ha dovuto sborsare 500 miliardi ai suoi avvocati, con tutto che li ha fatti deputati), si mettono a reddito fisso, magari andando a lavorare all’inizio in una città o cittadina senza attrattive dove non hanno mai messo piede prima? E fin qui passi. Perché dopotutto il reddito fisso in una certa Italia premoderna esercita ancora la sua suggestione. E quindi si capisce che i meno dotati o più pigri scelgano questa strada. Ma poi, che cosa si può dire di signori e signore che, una volta imboccata la strada dell’impiego statale, si mettono pure in testa di applicare la legge in un paese vitale, fantasioso, creativo, genialmente anarcoide e libertario come il nostro, totalmente insensibili alla cultura della maggioranza dei loro simili? Non vi è forse in tutto ciò una vena di fobia verso il prossimo, una insofferenza altera verso i propri concittadini, uno scompenso culturale verso i propri tempi? Né questo basta. Perché vi sono – all’interno di questa strampalata genia – pure coloro che pretenderebbero di applicare la legge dello Stato anche là dove la legge che effettivamente vige ed efficacemente funziona è quella di affermati eserciti e comandi locali, che vanno sotto i più rutilanti nomi: da mafia a ‘ndrangheta a camorra a sacra corona unita. Siate sinceri: ma stareste mai voi a spremere le vostre fatiche, a distillare i vostri sudori laddove la stessa legge è cosa astratta e misconosciuta; non solo, ma dove la sua tenace invocazione può provocare anche reazioni assai dure, perfino pistolettate o fucilate, perfino mitragliate o addirittura (perché le tecnologie fanno progressi da gigante) esplosioni di bombe con telecomando? Non ci vuole forse un che di arcano, di bizzarro, di pazzesco oserei dire, nel disporsi a fare quel mestiere in quel modo quando queste cose accadono? Quando voi stessi siete stati testimoni che ciò è davvero accaduto a un vostro collega e amico?
Pensate, ne ho conosciuto uno su un’isola lontana che aveva partecipato ai funerali di quattro o cinque di questi suoi colleghi. A uno gli aveva portato perfino la bara sulle spalle, una bara classica in massiccio legno castano. Ebbene, continuò a esercitare quella sua pretesa assurda finché fecero fuori anche lui. E aveva molti figli. Ma ditemi voi, non vi è forse qualcosa di assurdo, starei per dire di disumano nella scelta di lasciare orfani i propri figli (il bene più caro…) pur di togliersi l’inutile sfizio di fare osservare la legge, non vi è una smania di titanico protagonismo in chi attribuisce alla legge che rappresenta (legge umana, dunque fallibilissima) la stessa superiorità e indiscutibilità delle legge divina? Mettereste voi a rischio la vita per una battaglia persa, come un qualsiasi eroe della più insulsa retorica risorgimentale?
Ma pensate, pensate ancora. Dicono questi signori e queste signore – poiché molte ve ne sono tra essi di donne; e ciò dovrebbe pure essere dettaglio rivelatore…- di rappresentare pur sempre lo Stato, la comunità, i cittadini. Anche qui, assurda arroganza. Non sta forse la sovranità popolare, dacché esiste la democrazia, proprio nei cittadini e nel loro libero voto, dunque nei loro rappresentanti politici, autentici e genuini simboli della polis? E allora qui davvero non si scappa. Perché da sempre, o comunque da tempo ormai lunghissimo, tali magistrati vanno in direzione opposta proprio rispetto a coloro che più e meglio di tutti incarnano la pienezza e la storia della democrazia. Essi vanno infatti cacciando uomini denominati con provinciale americanismo «boss». Ritengono questa caccia un loro obbligo. Mentre i simboli veri della democrazia e dunque dello Stato, ritengono questa pratica antipatica e sconsigliabile affatto. Tanto che l’uomo politico più splendido e potente di trenta e vent’anni fa ne andò a trovare diversi proprio per chiedere gentile spiegazione dei loro ammazzamenti e se ne tornò a Roma senza farne cenno ad alcuno di questi magistrati. Mentre l’uomo politico più splendido e potente dei nostri lieti giorni addirittura ne ospitò uno in casa sua per diverso tempo, con squisito spirito di accoglienza, in ambiente di sfarzo e di facoltose frequentazioni. Di quale Stato dunque essi cianciano? Non vi è qualcosa di maniacalmente donchisciottesco, un’imperscrutabile ostinazione, nel dirsi rappresentanti dello Stato?
Oltretutto questa loro irriverenza verso la democrazia viene duramente e assai severamente sanzionata. Essi in effetti vengono fatti segno a concentrici e progressivi attacchi da parte dei giornali che sono anch’essi per antonomasia «la democrazia», in quanto di diretta proprietà degli eletti del popolo. Titoli vigorosi, rimproveri e accuse virili, esecrazioni e condanne; senza sosta, come d’altronde si deve quando si è convinti delle proprie buone ragioni. Ed essi niente. Ladri e assassini essi vengono nomati. E cancro e comunisti. E vengono denunciati e portati davanti a loro colleghi siccome rei; qui sì, di fronte alla legge. E frotte di parolieri e opinionisti su essi esercitano il loro coraggio e li castigano, civilmente e senza scorticature , ma purtuttavia assai duramente. Ed essi giustamente non possono replicare perché altrimenti violerebbero quel senso delle istituzioni che sono invece obbligati, per loro stessa ammissione, a tenere in massimo rispetto. E nemmeno alienano o vendono le proprie sentenze, pur vedendo quanti vantaggi economici o di carriera arridano, con pochissime eccezioni, a coloro che rifiutino la logica sedentaria del reddito fisso e si dedichino ai dinamici commerci. Insomma, non colgono – tranne alcuni – le opportunità della vita e anzi talora vi rinunciano. Ma che dite voi di tipi siffatti? Non costituiscono forse un corpo estraneo al comune sentire, un che di antropologicamente strano?
Ma lo sapete – questa è l’ultima, è fresca, freschissima – che ce n’è uno di essi in Calabria che, mai pago di indagare sui traffici della cosiddetta ‘ndrangheta, ha ricevuto minacce e ha continuato ugualmente a condurre le sue indagini? E che, successivamente privato della sua scorta di polizia per equanime decisione delle autorità competenti, pur avendo moglie e figli sul posto, invece di desistere come sarebbe stato suo dovere di coniuge e marito responsabile, continua identicamente a indagare? Sapete ancora che per proteggere i suoi familiari e la sua casa ormai senza tutela ha ingaggiato a proprie personali spese dei vigilantes privati? E dunque in fede mia vi chiedo: una volta ch’egli ha deciso di insistere nelle sue fisime a proprio rischio, come ha fatto a non pensare alla cosa più semplice e innocente ed efficace, quella di difendersi dando ospitalità a un boss in casa propria, magari affidandogli l’operosa mansione di stalliere? Ma ditemi, ditemi davvero: non c’è una vena di follia, una sbalestrata antropologia in tutto questo?
Nando
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