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Se la destra scopre il pudore
L’Unità – Lo dico o non lo dico? Azzardo e lo dico. Proprio mentre va in onda il quarto sciopero di tutta la magistratura italiana contro la «legge più pazza del mondo», ossia quella sull’ordinamento giudiziario, qualcuno nella Casa delle libertà sembra avere riscoperto il pudore. In modica quantità, si intende. Ma è già qualcosa. Ho ben respirato l’aria di questa legislatura. E ho vissuto in diretta le marce trionfali che la maggioranza ha inscenato quando arrivavano e venivano approvate a petto in fuori le leggi ad personam.
Tranquilli, non ve lo rifaccio il rosario interminabile. Ricordo solo l’esortazione a lavorare «per onorare i morti di New York» il giorno dopo l’11settembre, così da accelerare l’approvazione del falso in bilancio (mentre quest’anno per «onorare i morti di Londra» il Senato ha ovviamente sospeso i suoi lavori). E ricordo le tante volte in cui il senatore Renato Schifani ha tranquillizzato l’opposizione spiegando che se anche una norma era fatta per avvantaggiare una o due persone, poi però avrebbe avuto valore per tutti, pensa te come ti infiocchetto il principio di uguaglianza dei cittadini davanti alla legge.
Insomma, non abbiamo davvero viaggiato al massimo della decenza. Ma con la Cirielli sta succedendo qualcosa. Si avverte qualche scricchiolio. Forse è perché questa legge è più plebea delle altre. È pur vero, infatti, che tutti le imputano un padre naturale in carne e ossa; un padre ricco e potente, ossia il sempiterno Cesare Previti colto in flagranza di festeggiamenti alla Camera quando la legge ebbe il suo felice battesimo. Ma è anche vero che si tratta, per lo stato civile, di un rigoroso n.n., visto che il suo padre legittimo, il deputato di An Edmondo Cirielli, ha ritirato la firma, offeso (e giustamente) per come gliel’hanno sfregiata quelli della sua maggioranza. Era una così bella legge, tutta bellicosa contro i recidivi di ogni genere e specie, era un così perfetto siluro al buonismo di questi decenni, quando per salvare l’imputato eccellente ci hanno infilato dentro un paio di articoli che il buonismo, al confronto, è cultura da forcaioli, da boia di professione. Chi avrebbe mai immaginato infatti, in questo paese dai processi infiniti, che qualcuno potesse proporre di abbattere i tempi della prescrizione per i reati maggiori? La ex Cirielli dunque è ora una legge senza papà. Ma anche senza mamma, perché al Senato è stata portata in aula -chissà perché- prima che ne fosse stata conclusa la discussione in commissione. Dunque è pure senza relatore.
Forse è per questo suo stato di trovatella, dicevamo, che nella maggioranza si avvertono inquietudini, serpeggiano strane tentazioni. Sono stati presentati emendamenti anche dagli esperti di giustizia dei partiti di governo. E sono emendamenti che incidono un bel po’ sulla lettera della legge. Non si capisce quanto saranno difesi e se saranno ritirati. Però circolano voci di disagio e di imbarazzo. Si vedono scene di pudore, appunto. Che ieri hanno toccato il culmine di fronte agli attacchi dell’opposizione contro l’ idea demenziale (e ad personam) di considerare come un’attenuante l’aver commesso il reato dopo i settant’anni, età nella quale non si è affatto incapaci di intendere e volere, ma in cui anzi si guidano i poteri finanziari, la giustizia, la politica, e perfino gli Stati e le Chiese. Alcuni senatori governativi ultrasettantenni si sono offesi: siamo forse incapaci di intendere e di volere? Così proprio su questo si è consumata una clamorosa spaccatura della maggioranza. Da un lato Forza Italia e Udc che hanno dichiarato il loro voto a favore degli emendamenti soppressivi dell’opposizione. Dall’altro lato An. A cui ha dato voce il senatore-magistrato Luigi Bobbio. Che prima ha bollato di incoerenza l’opposizione, poi ha dichiarato voto contrario e infine (vedendosi sconfitto sul quadrante luminoso) ha votato e fatto votare a favore dell’emendamento per non restare con il cerino in mano. L’effetto non è di poco conto, perché così la Salvapreviti sarà costretta a tornare alla Camera. Il guaio è che essa mantiene per ora tutta la schizofrenia di una legge che di qua aumenta le pene e di là le rende più incerte o addirittura proibitive. Una vera mina sotto la giustizia italiana. C’è allora da stupirsi se oggi le toghe si riuniscono in tutte le principali città d’Italia con lo scopo di comunicare al Paese il loro disagio per una legislazione che rischia di affossare sotto una montagna di ideologia e di furore vendicativo quel che di buono resiste nei tribunali della Repubblica? Si potrà discutere dell’efficacia dello sciopero, non certo delle sue ragioni.
E tuttavia occorre davvero capire se si stia formando un quadro di atteggiamenti nuovo. Se allo sconcerto totale della magistratura e alla nettezza della opposizione si sommi l’imbarazzo di parti consistenti della maggioranza, costrette ad approvare una legge incostituzionale come quella sull’ordinamento giudiziario con il voto di fiducia. Non è facile comprendere gli sviluppi immediati della situazione sul piano politico e legislativo. Ma una cosa forse è giusto dirla. Che ormai le sconfitte inanellate dalla maggioranza, una tornata elettorale dopo l’altra, stanno facendo rinsavire qualcuno. E che oltre a chi -per salvare se stesso- coltiva l’idea che muoia Sansone con tutti i Filistei, c’è anche chi pensa ai disastri di fatto e d’immagine che una legge come la Salvapreviti può produrre, affondando senza pietà un’intera coalizione anche per gli anni a venire; anni nei quali la domanda di sicurezza e di certezza della pena è destinata (comprensibilmente) a crescere. C’è, insomma, chi saggiamente pensa che già occorrerà fronteggiare gli effetti paralizzanti e per certi versi imprevedibili della legge sull’ordinamento giudiziario, e che stendere i tappeti rossi ai delinquenti, dagli usurai ai corruttori, rischia di essere davvero troppo.
E dunque? Dunque arriviamo alla conclusione che non c’è nulla che induca a rinsavire (naturalmente chi fa politica, non chi fa solo gli affari suoi) come le sconfitte. Ma questo, a sua volta, ci porta alla conclusione che non aveva fondamento politico il principio secondo cui combattere sul diritto, sulla giustizia uguale per tutti, non sarebbe servito a niente, in base al pregiudizio che «la gente pensa solo al portafogli». Abbiamo fatto bene a non crederci. La difesa dei primi principi del diritto, insieme con le proposte di riforma maturate nel vivo delle battaglie politiche e parlamentari, sarà anzi uno dei principali patrimoni che l’Unione porterà all’appuntamento elettorale dell’anno venturo. Per dire chi è lei. Per dire chi è il suo avversario.
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