E se Previti parlasse?

L’Unità – Ma pensa te che cosa mi tocca fare.
Proprio io che mi sono opposto alle leggi della vergogna organizzando sit in e ostruzionismi.
Proprio io che (ironicamente ma non tanto) ho proposto a suo tempo di fare una bella legge che garantisse l’impunità penale a Berlusconi e a dieci persone da lui liberamente indicate, pur di non vedere più massacrata la vita parlamentare e destabilizzate le supreme istituzioni.
Proprio io che ribattezzai in Senato la ex Cirielli come la legge S.P. (Salva Previti, Senza Pudore, Scaccia Pensieri, Santo Protettore, Sfregia Parlamento, ecc.). Proprio io che, grazie a Previti, mi ritrovo con due cause civili in tribunale che vorrebbero sbancare me e la mia famiglia. Ecco, proprio io sono qui a dovere ammettere che qualche percentuale di ragione il grande coimputato di Silvio Berlusconi in fondo ce l’ha. Qualche percentuale di ragione (non troppo alta, intendiamoci) nel lamentarsi per l’emendamento Udc che punta a escludere dai benefici della ex Cirielli i processi già in appello o in Cassazione. Ossia ad abbandonare al loro destino decine di migliaia di processi, tra cui il suo: quello che ha tenuto in iscacco un’intera legislatura della Repubblica.
E in effetti la famigerata legge – da cui l’originario autore ha non per nulla ritirato la firma, pur rimanendo condannato in saecula saeculorum a vedervi associato il suo nome – resterebbe un’autentica indecenza anche se dovesse valere «solo» per i processi che devono ancora giungere al giudizio di primo grado. La sua filosofia porta infatti il marchio indelebile di questa legislatura; la quale esattamente come era incominciata così ora sta finendo: pervicacemente impegnata nel salvataggio giudiziario dei potenti della politica.
C’è, all’origine di tutto, una domanda dirimente alla quale non si può sfuggire: è possibile cambiare procedure e regole mentre i processi sono in corso, con l’obiettivo di «aggiustarne» l’esito? E’ evidente che no. No era la risposta del diritto latino, che sul tema coniò brocardi celeberrimi. No è la risposta del diritto moderno sotto qualsiasi latitudine. Ma la attuale maggioranza ha risposto anche stavolta di sì, abituandoci peraltro a queste e altre devastazioni della cultura giuridica. Ebbene, nel caso dell’emendamento Udc la procedura verrebbe comunque cambiata a processo in corso. E salverebbe sempre qualche potente, anche qualche potentissimo, da Milano alla Sicilia, in modo comunque ingiusto. Non solo. Lascerebbe aperta una falla immensa, dal sapore eversivo, nell’amministrazione della giustizia. Il sottosegretario Vitali, parlando al Senato, quantificò in circa 180.000 i processi che sarebbero stati prescritti ogni anno grazie alla legge Salva-Previti, nella versione che l’aula si apprestava a licenziare. Con l’emendamento dell’Udc quanti diventerebbero? Centomila? Ottantamila? Comunque sempre un numero spropositato, offensivo anche sul piano delle quantità del principio della certezza del diritto, il quale non è solo fondamento del diritto positivo ma è anche – volendo usare un parametro caro al ministro Castelli – parte costitutiva e irrinunciabile del famoso «senso di giustizia popolare».
E allora: davvero la legge diventerebbe equa, votabile, firmabile da Ciampi, perché non ne beneficerebbe più Cesare Previti? Diciamo la verità. Essendo stata pensata per salvare dai suoi processi un imputato eccellente, questa legge è uno sconcio in sé, in assoluto. Certo, i suoi effetti sarebbero meno oceanici, le conseguenze pratiche per la collettività sarebbero più contenute. Ma il principio rimarrebbe offeso nella stessa misura, sia pure con lo zuccherino di quella beffa tutta goldoniana che vedrebbe mettere all’uscio della legge proprio il suo padrone.
Certo una cosa Cesare Previti non può dirla. Ossia di essere, come Giancarlo Caselli, vittima di una legge «contra personam». Ma come, non ci è stato detto e ridetto che la ex Cirielli non è una legge «ad personam»? Non ci è stato ripetuto che è scorretto chiamarla Salva Previti perché, una volta che andasse in vigore, varrebbe per tutti quei 180.000 l’anno? Ma allora, se così fosse, il principio non varrebbe anche a parti invertite, nel senso che la limitazione del beneficio penalizzerebbe tutti quelli che si trovano nella stessa condizione di Previti? Insomma in questi giorni, a furia di sfuriate e di grida di dolore, abbiamo avuto la Grande Confessione; la prova psicanaliticamente inoppugnabile che si tratta di una legge pensata e fatta per una persona. Così come è fatta per una persona, ossia per il presidente del Consiglio, anche quella sulla inappellabilità delle sentenze di assoluzione che è attualmente in discussione al Senato.
Ma in questo quadro c’è un’ultima osservazione più generale che va proposta. Ed è che l’emendamento dell’Udc e la sua approvazione potrebbero aprire un terremoto salutare per la democrazia. Immaginate infatti questo ipotetico scenario: Berlusconi salvo e Previti condannato. È possibile, mica per nulla il secondo ha pubblicamente ammesso di essere preoccupato. Ma egli ha anche e sempre detto, parlando di sé e del suo massimo socio d’avventura, «simul stabunt simul cadent». In fondo è stato questo motto che sa di sinistra profezia che ha dato impulso a una quinquennale, fervida attività parlamentare volta a produrre una ricca legislazione di favore. La domanda è dunque questa: e se Previti dovesse rendersi conto che lui e Berlusconi non «staranno» e non «cadranno» insieme? Se uno dovesse salvarsi e l’altro no? Se il patto d’acciaio dovesse andare in frantumi? Beh, in quel caso verremmo forse a sapere qualche verità in più. E forse qualche pezzo della storia d’Italia potrebbe essere riscritto, o scritto con più precisione. Per questo faccio il tifo per l’emendamento Udc. Anche se colui che vorrebbe mandarmi in rovina qualche ragione, in fondo, ce l’ha…

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