Cuffaro-Ajello. Toto’ la talpa

L’Unità – Dopo il presidente imprenditore, dopo il presidente operaio, dopo il presidente allenatore, ecco il presidente talpa. Ad arricchire l’iconografia del potere ci ha pensato, quando si dice la fantasia, l’ineffabile Toto’ Cuffaro, governatore della Sicilia in carica. Era lui, ha detto il giudice dell’udienza preliminare Bruno Fasciana, a fare la talpa – la talpa super – per l’imprenditore Michele Aiello, re della sanita’ siciliana, “stabilmente inserito” in Cosa Nostra. Era lui, come gia’ aveva sostenuto la Direzione distrettuale antimafia della Procura di Palermo. Lui ad avvertirlo premurosamente che la sua rete di spie, quella del livello inferiore, fatta di marescialli infedeli, era stata scoperta e messa sotto inchiesta dalla magistratura.
Davvero quando si parla di mafia non si immagina mai abbastanza. E in effetti lo scenario che arriva da questa ennesima vicenda giudiziaria sta a meta’ tra il Padrino e James Bond. Perche’ se il signore della sanita’ “stabilmente inserito” in Cosa Nostra aveva le sue talpe, i suoi graduati e sottufficiali, il grande amico e protettore, il presidente della Regione, aveva a sua volta le talpe di ordine superiore che vigilavano sul sistema di copertura e protezione sottostante. Una piramide di complicità e di filtri, di compartimenti stagni e di lealta’ personali, che si sviluppava per livelli istituzionali. Dal maresciallo dei Ros o della Dda palermitani su su fino ai signori che a Roma, un bel giorno, avvertirono Cuffaro che la prima rete di spionaggio era stata smascherata. Proprio come in guerra. A dimostrazione che quella contro Cosa Nostra e le mafie e’ una guerra vera e propria.
Una guerra contro noi stessi, prima di tutto. Noi che tendiamo ogni tanto ad addormentarci, a rilassarci, a guardare dall’altra parte. Perché a volte di parlar di mafia non se ne puo’ piu’; e perche’ il paese, purtroppo, e’ una miniera di emergenze e di anomalie da sfinir chiunque. E facciamo male. Proviamo infatti a isolare gli elementi di questa vicenda e a rifletterci solo pochi secondi.
Punto uno. La sanita’ siciliana, quella palermitana in particolare, e’ in buona misura nelle mani di Aiello e della ragnatela di potere in cui questi è potuto crescere. Da settimane gira per l’Italia un dvd dal titolo “La mafia bianca”, che dà dello stato della sanita’ siciliana un’immagine sconvolgente. Ebbene, e’ questo il contesto al quale devono rivolgersi i malati, gli anziani dell’isola, in cui devono nascere bambini, essere curate malattie gravissime, essere fugate ombre e paure, alleviate sofferenze? E’ in questo contesto che devono operare medici e infermieri onesti e capaci? Dentro questo intreccio di reti di favori e di spionaggio (e controspionaggio) c’e’ insomma il malato, c’e’ la persona in carne e ossa, pretesto per mungere soldi pubblici e portare soldi alla mafia che spara. Se ha senso, e ce l’ha, chiedere che l’Italia non abbia venti sistemi sanitari separati, è certo che qui una separatezza, non imposta dalla Lega, ma frutto di complicita’ criminali, si e’ gia’ formata. Vedere il dvd. Basta e avanza.
Punto due. Il presidente della Regione Sicilia dovrebbe essere il primo a preoccuparsi della salute dei suoi concittadini, dell¹uso non si dice virtuoso ma decente dei loro denari. Per questo più di vent¹anni fa un presidente della Regione di nome Piersanti Mattarella lasciò la vita sotto casa, cercando di bonificare le istituzioni siciliane. Anche lui ebbe a che fare con le talpe. Ma nel senso che quel che egli disse in un consiglio dei ministri venne a conoscenza dei boss nel giro di mezz’ora. Dopo decenni di commemorazioni, e fino ai manifesti “la mafia fa schifo” voluti grottescamente dallo stesso Cuffaro, siamo ancora li’. E questo, qualcosa con le nostre amnesie e i nostri silenzi e il nostro amor di quieto vivere deve pure avere a che fare. Pensiamoci. Da Mattarella a Cuffaro: dalle talpe che ti fanno ammazzare alle talpe che ti mettono in salvo dai magistrati. Difficile chiamarlo progresso.
Punto tre. Cuffaro diede l’aurea informazione all’amico Aiello il 31 ottobre del 2003 (nel retrobottega di un negozio di biancheria a Bagheria, a conferma che davvero la nostra fantasia non e’ mai all’altezza; forse i due amiconi, per non dare nell’occhio, confabulavano provando mutande o calze o canottiere?). E gliela diede arrivando diritto da Roma. Ecco, Roma. La capitale delle Talpe con la “t” maiuscola, la citta’ dei misteri e dei ministeri. Fu forse “in” o “grazie a” qualche ministero che il governatore siciliano venne messo sull’avviso affinche’ proteggesse il prima possibile quel signore “inquadrato stabilmente” in Cosa Nostra, e salvasse quel gigantesco giro d’affari tra mafia, politica e burocrazia? E Cuffaro, lui, ci ando’ d’intuito in quel ministero, cercando la Talpa delle talpe come un rabdomante, o qualcuno da lì lo chiamo’ e lo informo’ con solerzia, stringendo in una complicità micidiale Roma e Palermo contro i magistrati, contro quelli che tanti considerano – nei fatti e spesso a parole – “l’Antistato”? O non e’ invece “Antistato” avvisare un mafioso che i giudici, quelli delle leggi e della Costituzione, stanno indagando sui suoi complici? E puo’ un presidente di Regione trasformarsi in “Antistato”?
Punto quattro. E’ normale tutto questo? E’ normale, si vuol dire, anche in un paese lacerato e civilmente smandrappato come il nostro? Sapersi indignare e reagire istituzionalmente di fronte a queste situazioni e’ virtu’ che non si puo’ certo mettere in un programma elettorale. Ma con altrettanta certezza il far vedere che se ne e’ capaci rende molto più credibili e concreti i punti che si mettono nel programma: la lotta senza quartiere alla criminalita’, l’efficienza della spesa pubblica, la valorizzazione di meriti e talenti, la trasparenza delle istituzioni, il nuovo welfare, l’unita’ del paese e il rifiuto della devolution, gli standard minimi del sistema sanitario. A volte basta poco per rendere chiaro che cosa si vuol fare. Soprattutto che cosa si e’ capaci di fare.

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