L’ultima beffa al tricolore

Oplà, sulla bandiera italiana abbiamo scherzato: ieri a tempo record la maggioranza ha varato la legge "salvaleghista". D'ora in poi chi vilipende il tricolore è punito solo con una multa.

l'Unità (26 gennaio 2006) – Ma gliel'hanno detto a Ciampi? Voglio dire: è stato informato, il Presidente, della legge che gli hanno votato ieri a mo' di sfregio finale? A ben vedere, non potevano riservargli affronto peggiore. Perché il Capo dello Stato in questa legislatura ne ha davvero viste di tutti i colori, costretto come è stato ad arginare e rincivilire ogni giorno il presidente del Consiglio. Ma per ora su una cosa aveva vinto con punteggio tennistico: l'impegno a fare del suo settennato il momento di un rinnovato prestigio della bandiera; l'impegno a costruire attorno al tricolore, anche grazie alla propria figura, un patriottismo popolare e democratico, dando nuovo slancio all'opera avviata a suo tempo da Sandro Pertini.

Ebbene, proprio mentre il settennato volge al termine la maggioranza ha riservato a Carlo Azeglio la più atroce delle beffe. Oplà, abbiamo scherzato, il tricolore ritorna in serie B. Così l'ultima settimana di parlamento decreta lo sbriciolamento sul piano legislativo degli sforzi compiuti da Ciampi sul piano morale e della comunicazione istituzionale. Scuole, piazze, sfilate, visite ufficiali, inni, funerali solenni, feste nazionali. Basta, nostalgie da retori. Che cos'è successo? Che la maggioranza ha fatto vedere quali erano le leggi "di interesse generale" che intende promuovere nelle due settimane supplementari di apertura delle Camere. E ieri a tempi di record, quelli cioè che prevedono che "chi c'è non può parlare e chi è assente può votare", ha licenziato la legge salvaleghisti. La quale è una legge pensata -vedi l'originalità-  per giungere in soccorso di diversi esponenti della Lega imputati o indagati per reati cosiddetti d'opinione. Si tratta, non c'è dubbio, di una materia che incontra la sensibilità delle forze liberali e progressiste, da sempre convinte che i reati d'opinione debbano essere aboliti o rivisti per garantire il massimo grado di democrazia e di dissenso. Ma, una volta riconosciuta la dignità della materia in sé, occorre subito precisare che la Lega ne ha fatta terra di conquista per le sue impunità, rivelandosi allieva eccellente del maggiore alleato e dal suo leader.

C'è dunque da salvare Umberto Bossi e qualche altro esponente leghista per offese al tricolore, o, detto tecnicamente, per vilipendio alla bandiera? Benissimo. Basta una nuova legge. Che stabilisca, come viene stabilito, che l'articolo 292 del codice penale non è più quello. Che si cambia. E che d'ora in poi chiunque vilipende la bandiera nazionale o un altro emblema dello Stato è punito non più con la reclusione da uno a tre anni, ma con la multa da euro 1000 a euro 5000. Con le modalità di rito, diventano 500 euro. Effetti retroattivi "immediati", naturalmente. Più o meno come per un po' di multe per sosta vietata. Più nessun valore, dunque, simbolico o formale, riconosciuto al gesto. L'offesa alla bandiera si monetizza. E lì si chiude la dignità del tricolore. Per tutti, si stia attenti. Perché si può anche prevedere (e sarebbe comprensibile in una logica liberale) che il vilipendio non debba dar luogo a reclusione per il cittadino malmostoso che la insulta al suo passaggio o anche per il ventenne che protesta, poniamo, il suo antimilitarismo. Ma è davvero possibile prevedere che non vi sia una sanzione vera, anche simbolica, se il vilipendio giunge da un magistrato, da un sindaco, da un ufficiale dei carabinieri, da un parlamentare, da un ministro, da chi, cioè, ha giurato fedeltà alla bandiera, da chi la rappresenta rappresentando la Repubblica, da chi dovrebbe darle dignità e prestigio davanti ai cittadini? Può una di quelle figure istituzionali invitare pubblicamente un comune cittadino a gettare nel cesso il tricolore? E poi chiedere sprezzante "quant'è?", tirar fuori i suoi bigliettoni con spocchia e mandare una seconda volta a quel paese l'oggetto della sua offesa?

Dice: ma "e la destra?". E la destra italiana, quella del tricolore, come fa ad accettare una legge che stabilisce un principio così antipatriottico? Santa domanda. La destra lo fa, lo fa. Perché la legge "sui reati d'opinione" sta in realtà sul piatto forte dello scambio con la legge Pecorella. Tu mi approvi la legge per il mio caso, io ti approvo la legge per i casi tuoi. Mercato, puro mercato. Esattamente come, ai tempi della discussione sulla Costituzione, vi fu lo scambio tra televisioni (legge Gasparri) e unità nazionale (devolution). E tuttavia non è solo questa l'assurdità licenziata di corsa ieri mattina, con i dirigenti di Forza Italia impegnatissimi a tenere in aula i propri parlamentari vista l' importanza dello scambio in corso (dopodiché il numero legale sarebbe saltato più volte).

L'assurdità sta anche nel tipo di comportamenti che, per salvare qualche "serenissimo" e qualche "guardia padana" sono stati inseriti nella voce "reati d'opinione". Intendiamoci. Alcuni esponenti leghisti hanno probabilmente subito una interpretazione estensiva, punitiva, delle norme in vigore, di fatto rimanendo vittime di logiche repressive. Ossia finendo per rischiare molto per comportamenti da poco. Ma è possibile -questo vorrei chiedere alle supreme istituzioni- che sia reato d'opinione quello realizzato da chi "promuove, costituisce, organizza o dirige associazioni dirette e idonee a sovvertire violentemente" "l'ordinamento politico e giuridico dello Stato"? E' possibile considerare reato d'opinione quello realizzato da chi "commette atti violenti diretti a impedire, in tutto o in parte, anche temporaneamente" l'esercizio delle funzioni del presidente della Repubblica o del governo o del parlamento? E ancora: è reato d'opinione quello di chi "compie atti violenti diretti e idonei a sottoporre il territorio dello Stato o una parte di esso alla sovranità di una Stato straniero"?

Ma quale follia distruttiva delle menti e delle istituzioni può impadronirsi di una maggioranza parlamentare, quale smania di impunità può ossessionare un capo del governo per decidere di disfare l'abicì del diritto e del senso dello Stato? Per portare una maggioranza di centrodestra ad accettare che l'associazione sovversiva e l'uso della violenza siano "reati d'opinione"? Questa è la domanda di fondo che occorrerà porsi da qui al voto, ma anche dopo: come mai una maggioranza di governo tutta "ordine e legge" dice, più di un quarto di secolo dopo, le stesse cose che diceva l'Autonomia Operaia? La beffa atroce per Ciampi, il trionfo postumo di Toni Negri. Ecco a cosa servono gli ultimi giorni di Pompei di questo parlamento.

Leave a Reply

Next ArticlePalestina, vincono i radicali di Hamas. Ora serve un di più di diplomazia