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Chi vince e chi perde
Avvenimenti (3 febbraio 2006) – Gennaio è passato, prove tecniche di 2006. Chi vince e chi perde al “Calcio di rigore”. Breve rassegna di calcio e di politica.
Vince anzitutto David Trezeguet che Lucianone Moggi voleva sbolognare da qualche parte per insondabili motivi. Diciotto gol nella stagione. Tre gol in dieci minuti all’Ascoli, squadra tra le più toniche del campionato, costretto al solo gol della bandiera con un Ferrante redivivo. Per l’attaccante bianconero, che già fece piangere i tifosi azzurri agli Europei del 2000, una bella soddisfazione. Per noi la bella soddisfazione di potere scientificamente confermare che anche Moggi ogni tanto fa le sue topiche e prende i suoi ottimi granchi. Sempre a proposito di Juve, di Moggi, di chi perde, viste in gennaio le due puntate a “Un giorno in pretura” sul processo al doping juventino. Finale con assoluzione e con grandi pacche sulle spalle. Gioia degli imputati e lacrime di commozione. Però, ragazzi, il filmato delle deposizioni era da brivido. Salvo Ravanelli, gli altri – compreso il mio idolo Roby Baggio – erano lì a balbettare, a tacere (Montero oltre ogni limite di decoro). Altro che gladiatori, altro che virgulti, altro che meglio gioventù. Disonore al merito: a loro, specie se ex, ai dirigenti, a quell’avvocato difensore stile Pappalardo che gesticolava con poca educazione e rimaneva in camicia davanti a un giudice pacioso e scrupoloso.
Vince l’inedita accoppiata Macini-buon senso. Forse pochi lo noteranno ma i nerazzurri hanno preso a correre da quando la formazione ha smesso di essere un luna park. Formazione tipo e via andare. Si sostituiscono solo gli infortunati. Basta con i caroselli narcisi e gli esperimenti che non finiscono mai.
Moratti rinsavito (complimenti!) si è rifiutato di buttare la bomba Cassano negli spogliatoi e si è rifiutato pure di buttare soldi per comprare un nuovo attaccante per tre settimane di assenza di Martins. Cose dell’altro mondo solo il pensarlo.
Un 7 con “meno”, però, per questa smania di comprare Cesar dalla Lazio. Sembra che senza di lui l’Inter non abbia futuro. Poi ci spiegherete quali formidabili titoli abbia costui per essere da quasi due anni in cima ai pensieri di Mancini.
Vince Spalletti e vince la sua Roma senza Cassano ma con Tommasi. Grande Totti e messi a nuovo tutti gli altri. Se non fosse per quello sconcio di stendardi nazisti, ci sarebbe da rallegrarsi tutti insieme. Così la festa giallorosa lascia l’amaro in bocca, e la vittoria diventa sconfitta.
Vince, infine, nel derby nervoso di Milano, Ferrante. Non l’attaccante dell’Ascoli, che per l’Inter ci è passato a suo tempo pure lui, ma Bruno, l’ex prefetto che si è tolto la cravatta. Vittoria in una città ghiacciata e da giorni ansiosa di un domestico caldo ristoratore (abbassamento dei termosifoni permettendo).
Sono andati votare in più di 80 mila. L’ex prefetto, l’uomo della mediazione e del dialogo, ha vinto largo, facendo un dispetto doppio al centrodestra. Gli sottrae il tema prediletto della sicurezza, gli mette davanti un’esperienza di governo – purtroppo per loro – già apprezzata dall’intera città.
Ma vince soprattutto, nel derby di Milano, l’attrice che volevano – con la nuova legge – far sparire del tutto dalla scena: la partecipazione dei cittadini. Auguri!
Pavlov
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