Della Valle, il nostro bomber

Avvenimenti (gennaio 2006) – Be’, ancora una volta il manifesto ha avuto fiuto. O meglio, ha saputo interpretare alla perfezione lo spirito dei tempi. E ha insignito Diego Della Valle del titolo di bomber. "Nostro bomber", più precisamente. Dove "nostro" vuol dire "del centrosinistra". Apriti cielo. Deplorazioni e sbuffi politicamente corretti. Ma che c’è di strano? Perché partire lancia in resta a discettare del declino della politica, della mancanza di riferimenti ideali e di altre -si fa per dire- amenità? Perché, addirittura, dare addosso al quotidiano comunista accusandolo di alimentare la sfiducia nella politica? Alzi la mano chi, a tavola o al telefono, non ha fatto almeno tre conversazioni con amici e conoscenti per lodare con compiacimento la fantastica, tagliente ironia con cui l’industriale marchigiano affrontò un Silvio Berlusconi prima incredulo poi imbufalito nel Porta a porta dello scorso 19 dicembre. Stupenda la battuta sui "disegnini" con cui il premier avrebbe voluto ammaliare ancora una volta gli italiani stremati dalla crisi e dal carovita. Sublime il tono canzonatorio verso un leader considerato all’estero una vignetta e trattato in televisione con riguardi e salamelecchi da fedeli al cospetto del santo patrono. Non dunque per l’analisi politica, molto elementare, il padrone delle Tod’s è assurto al ruolo di bomber. Ma per la naturalezza della battuta, per l’immediatezza del messaggio; per una mancanza di deferenza che non è sconfinata nell’arroganza e che aveva il pregio di non apparire dettata da esigenze elettorali. In questo ha proposto agli spettatori di centrosinistra un modello quasi sconosciuto di contestazione del capo del governo. Mettendoci tra l’altro la forza evocativa di chi può anche lui dire, come imprenditore, di essersi fatto da solo. Chi aveva mai trattato fino a quel momento in tivù il capo del governo con quella tranquilla aria di superiorità, come disvelasse d’incanto i tic e le infantili manie dell’uomo più potente d’Italia?

Il calcio, ah, il calcio. Già, perché in realtà l’esordio antiberlusconiano del nostro era avvenuto proprio entrando nel mondo del pallone. Quando aveva portato la Fiorentina in serie A dopo averla presa in C e averla fatta risorgere a nuova vita. Duro e impensabile in un mondo di (litigiosi) conformisti il contrasto che lo oppose a Galliani sul conflitto d’interessi di quest’ultimo come uomo Milan, uomo Mediaset e presidente della Lega calcio. Dura e inedita l’alleanza che riuscì a stringere con quasi la metà delle società della serie A per fare valere i diritti delle società meno ricche. Là fu evidente che questo strano industriale delle scarpe non nutriva proprio alcun complesso d’inferiorità verso i più forti. Insomma, ancora una volta il calcio -ed è questo che dovrebbe indurre a qualche riflessione- ha tenuto a battesimo in pubblico le qualità politiche di un imprenditore. E ancora una volta attraverso il calcio un imprenditore si è conquistato una fama e un retroterra di opinione pubblica in grado di dare forza alle sue parole.

Certo Diego Della Valle, il bomber, non entrerà in politica. Ma ha riproposto a tutti il tema dei rapporti tra politica e pallone. E a lui, che ha voluto fortissimamente quel marcantonio di Luca Toni in squadra, nessuno potrà nemmeno consigliare di "tenere i toni bassi"… Mica è scemo.

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