Il riformismo passa da Milano

McCarthy sotto la Madonnina. Già, Milano si interroga e discute sull’ondata di violenza criminale che l’ha aggredita sabato mattina. Ma, ancora una volta, la sua classe dirigente politica mette a nudo le proprie inettitudini. E, come in una gag satirica, si compiace di eseguire il suo compitino, tirando le equazioni di prammatica. Autonomi, no global, Caruso, Bertinotti, Prodi. Così, oplà, dietro i criminali che hanno messo a rischio la vita di commercianti, passanti e forze dell’ordine, si staglia – complice e ambigua – l’immagine del leader dell’Unione. Di più: sotto di lui, ecco anche Bruno Ferrante, l’uomo che un giorno i partiti di governo portavano in palmo di mano per il suo equilibrio e la sua concretezza, e che ora è diventato il colpevole, lui con la sua mania della mediazione e del confronto, delle devastazioni e dei saccheggi.

Bisognava esserci ieri pomeriggio in consiglio comunale per capire la profondità di pensiero, il senso di responsabilità delle forze “liberali”. Non una condanna ferma, senza eccezioni, senza ambiguità, di quel che è successo. Troppo poco. E soprattutto troppo poco utile in campagna elettorale. E dunque ecco l’assessore alla sicurezza Guido Manca che, anziché interrogarsi sulla attività preventiva fatta svolgere dalla Polizia municipale di fronte ai ripetuti annunci di scontri “preparati”, anziché raccontare almeno tecnicamente come sono andati i fatti, relaziona il consiglio a suon di spot elettorali: la teppaglia comunistoide, le ambigue pantomime del centrosinistra romano, l’assalto all’ex prefetto. E poi, a seguire, i consiglieri della maggioranza: la violenza nel dna della sinistra, la chiusura dei centri sociali e Furio Colombo come cattivo maestro, sorta di Toni Negri del Duemila. Nessuno sa, capisce, per mancanza di cultura, di senso della storia, forse di scrupolo intellettuale, che quei duecento-trecento che hanno distrutto e attaccato a freddo con ordigni capaci di uccidere non votano per nessuno, non sono elettori di nessuno; che considerano centrodestra e centrosinistra perfettamente uguali, facce diverse dello stesso sistema oppressivo e liberticida. Anzi, che a volte, in forza di una antica tradizione, considerano i riformisti come dei nemici più pericolosi, responsabili come sono di fare da foglia di fico al sistema.

Eppure dentro questa ventata maccartista il centrosinistra deve pure sapere orientarsi. Deve sapere evitare la trappola di sempre: crogiolarsi nella pura denuncia di questa ideologia di risulta che ancora una volta ha fatto da carta di identità per la maggioranza berlusconiana. Deve sapere evitare la strategia della destra, che punta a dividere le forze politiche lungo il discrimine della sicurezza. E unire là dove gli altri vogliono contrapporre. Dare forza alle istituzioni là dove gli altri ne vogliono fare comoda palestra per la campagna elettorale. Che cosa significa? Che giovedì pomeriggio tutti i consiglieri comunali dell’opposizione e tutti gli esponenti dei partiti dell’Unione dovranno partecipare, senza bandiere di partito, alla manifestazione contro la violenza organizzata dai commercianti di corso Buenos Aires. Da troppo tempo a Milano, come in altre aree del paese, la differenza tra destra e sinistra si gioca sulla forza con cui vengono difesi i bisogni e i diritti primari di sicurezza dei cittadini. E’ il momento che i cittadini non abbiano più dubbi. Le forze riformatrici non sono meno sensibili. E non sono solo capaci di “leggere” le cause. Ma sono più efficaci, democraticamente efficaci, nel garantire quei bisogni e quei diritti. Che hanno a che fare, e molto, con l’idea di un nuovo riformismo. 

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