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Buenos Aires e il centrosinistra
Sono stato stasera alla fiaccolata dei commercianti in corso Buenos Aires. Appena arrivato, mi hanno chiamato sul cellulare per dirmi che Prodi e Fassino non sarebbero venuti. Aria di contestazioni strumentali, mi è stato spiegato. E in effetti c’erano manifesti di An contro Prodi. E le bandiere di An lì dove gli han bruciato la sede elettorale. E credo che un po’ di fischi ci sarebbero stati, come ci sono stati per Penati. L’aria non era certo ulivista. Ma c’è stato molto rispetto per chi di noi era lì. Il guaio è che abbiamo finito il corteo davanti alla sede dell’Unione del Commercio che eravamo, lì davanti, in molto pochi, una esigua minoranza rispetto alla rappresentanza del centrodestra, con la Moratti in prima fila (Ferrante mi han detto che c’era ma alla testa del corteo non l’ho visto), e Albertini, e Formigoni ecc. ecc. Accidenti, quanto è difficile far capire che vogliamo difendere la sicurezza e la tranquillità della gente normale e saper stare in mezzo a un pezzo di città che non è il nostro… Domanda: perché quando ci sono queste manifestazioni, che reclamano cose sentite da tutti i cittadini, anche dai "nostri", noi siamo sempre meno, o talvolta nemmeno ci siamo? Perché lasciare alla destra un diritto-bisogno tanto essenziale? E perché non si stigmatizza la destra che non riesce a rinunciare all’idea di metterci il cappello e le sue bandiere? Finalino da salotto con Berlusconi, arrivato alla fine ("Silvio, Silvio!"), giusto in tempo per un piccolo ristoro nella sede dell’Unione (del Commercio….), dopo un passaggio all’inizio della manifestazione da fare impazzire vigilanti, poliziotti, fotografi e teleoperatori. Gli altri intanto al Palalido si godevano il calduccio (affettivo) del nostro popolo plaudente…
Nando
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