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Alla fine Milano ha perso un’altra occasione
Europa (18 marzo 2006) – Alla fine Milano ha perso un’altra occasione. Divisa, lacerata da anni di "investimento politico" sulla paura, stressata dall’ideologia della tolleranza zero, la città aveva finalmente trovato, proprio sul cruciale tema della sicurezza, una sua unità di intenti e di valori dopo le follie di sabato scorso. Gliel’hanno rubata.
Questo è il vero tema della serata di giovedì. Non perché Prodi e Fassino non siano andati alla manifestazione. Ma perché un partito di governo (a Roma e a Milano) abbia deciso che la città quel clima unitario non lo meritava. O comunque non lo doveva godere. In effetti, ripassando la vicenda, appare addirittura clamorosa la miopia di Alleanza Nazionale. Che aveva tutti i requisiti per presentarsi come la vittima con cui solidarizzare, visto che nel sabato della devastazione le era stato incendiato un punto di propaganda elettorale. E che poteva anche rivendicare di averla proposta lei la manifestazione contro la violenza, prima che l’Unione dei commercianti la facesse propria e decidesse, visti anche gli atteggiamenti dei partiti in consiglio comunale, di farne un evento rigorosamente bipartisan; anzi, un evento apartitico ed estraneo alle pulsioni della campagna elettorale.
Benché munita di parlamentari e di quadri politici di esperienza, Alleanza nazionale non ha saputo guardare invece oltre il proprio naso. E ha scommesso sulla divisione. Ha organizzato lo scenario del percorso e la presenza militante per creare contrapposizione là dove c’era unità dei cittadini dietro i gonfaloni delle istituzioni. Ha dimostrato, ecco il punto, di tenere più al proprio rendiconto elettorale che ai grandi bisogni e alle grandi domande -operosa tranquillità, serenità di vita- che nascono dal profondo dell’animo cittadino. E in tal senso va giudicata. Perché in quanto è accaduto si coglie in controluce, più che un progetto culturale fondato su un’idea di città sicura, l’ansia spasmodica di cavalcare la “città sicura” per fomentare divisioni e scavare fossati politici e civili. Si coglie in controluce quasi il dispetto per le posizioni di netta condanna assunte da tutta l’Unione, compreso Daniele Farina, ossia il rappresentante a Palazzo Marino del Leoncavallo (anche lui alla manifestazione); il dispetto di non avere per le mani materia di grassa propaganda da agitare per tre settimane di campagna elettorale, così da potere oscurare lo spionaggio e le imbarazzanti alleanze con i neonazisti. E’ vero, un leader politico deve essere anche pronto a sopportare i fischi. Ma i fischi del popolo, non i fischi dei militanti di partito in “imboscate” studiate a tavolino a ridosso delle elezioni. Non i fischi utili a farne lo zimbello in tormentoni televisivi da dare in pasto ogni giorno ai più sprovveduti.
Dovendo “dare i voti” ai protagonisti dell’altra sera, il bilancio finale non è però affatto negativo. Va promossa l’Unione del commercio che ha mantenuto i patti bipartisan riservando un’accoglienza parimenti calorosa ai suoi ospiti, di ogni schieramento. Ma va promossa anche l’Unione (di Prodi) che ha rotto lo storico tabù che “con i fascisti non si manifesta”; quel tabù che aveva portato il centrosinistra -in tante occasioni negli anni passati- a lasciare nei quartieri il proprio popolo, nelle fiaccolate e nelle proteste, senz’altra rappresentanza che la destra. L’Unione, così balbettante agli occhi dei cittadini sul tema per loro più caro, ha insomma ora le carte decisamente più in regola di prima. Va promosso infine Bruno Ferrante, il candidato sindaco. Che avendo davanti a sé ancora mesi di campagna elettorale, ha investito sulla sua figura di milanese disposto a farsi fischiare con faziosità pur di difendere con la sua presenza la propria idea del governo cittadino. Perde invece, come si è detto e nonostante l’esibizione muscolare, Alleanza Nazionale; e con lei chi, nel centrodestra, non ha saputo darle quei tipici “buoni consigli” che non costano niente. Sarà colpa del proporzionale, sarà colpa delle avvisaglie di sconfitta, ma quell’identificazione ossessiva tra Romano Prodi e i guerriglieri del nulla che non votano per nulla e per nessuno sembra davvero il segno della disperazione.
Pavlov
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