Antimafia, primavera. La nostra Plaza de Mayo

21 marzo, primo giorno di primavera. A Torino quel dono vivente di don Luigi Ciotti ha organizzato con Libera la undicesima giornata della memoria, per ricordare le vittime della mafia. Tutte, proprio tutte, nel loro elenco agghiacciante. Sotto una pioggia battente c’erano ventimila studenti. E tanti cittadini qualunque, venuti da ogni parte d’Italia. E soprattutto c’era quel popolo speciale, malinconico e limpido, fatto dai familiari delle vittime della mafia. Centinaia di persone che si ritrovano immaginando che possa esserci un giorno giustizia. E che invece sanno benissimo, senza bisogno di  immaginare niente, il proprio dolore. Be’ voglio dire questo. Ho visto l’altra sera in tivù un bellissimo documentario sulla madri di plaza de Mayo. Ma oggi ho visto la nostra, di Plaza de Mayo. Donne con il viso del figlio o del marito in un ovale portato al collo. Il padre dell’agente Agostino con la sua lunga barba bianca ("non me la taglierò finché non avrò giustizia" aveva detto quasi vent’anni fa; ce l’ha ancora…). Perché non fare un grande servizio su queste persone? Oggi c’era solo una troupe della Rai. E, sorpresa!, era di Anna La Rosa, vedi un po’ l’effetto del vento che tira…. Ma a vedere quelle facce oggi doveva esserci l’ultimo parlamento intero. Doveva guardare. E poi guardarsi dentro. E ripassare le leggi fatte, gli attacchi ai magistrati, la relazione dell’Antimafia che giura che la mafia non porta voti, l’ultima legge dell’ultimo giorno, fatta con la solita astuzia, con la norma per ammorbidire il regime della confisca dei beni dei mafiosi. Forse qualcuno si sarebbe vergognato. E’ troppo? Diciamo che si sarebbe sentito a disagio.

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