Ferrante, non è autogol

No, non credo che sia un autogol, avere sollevato il problema di chi fa la cabina di regia della campagna elettorale per il candidato sindaco dell’Unione. Ho dato voce a malumori diffusi, che non trovano modo di esprimersi attraverso i normali canali degli scambi d’opinione politici. Credo che i problemi sia meglio affrontarli per tempo piuttosto che farli marcire. E di Ferrante sono stato tra i primi sponsor, beccandomi (o no?) una bella sequela di insulti da chi credeva che a Milano oltre Veronesi ci fosse il diluvio universale. Di Ferrante ho apprezzato sempre lungimiranza ed equilibrio. E vorrei vedere le stesse doti anche ora, nella preparazione di una sfida politica difficilissima. E, detto chiaro, davvero non capisco perchè ci sia un gruppo di persone (lo chiamerò Milano Ottanta, per indicare la sua datazione storica) che compare regolarmente dietro ogni candidatura del centrosinistra. Prima dietro Veronesi, poi dietro la fuggevole candidatura di Penati, e infine dietro Ferrante, e solo dopo l’investitura delle primarie. Chi ha deciso che debbano essere loro a prendere in mano le sorti della Milano del centrosinistra? Su questo loro "obbligo di presenza" avrei bisogno di spiegazioni convincenti. Voglia di epurazioni, come dice l’ex sindaco Paolo Pillitteri polemizzando contro di me e giungendo in (naturale) soccorso dei suoi amici e colleghi dell’epoca? Ma no. Voglia di chiarezza. Se i partiti fanno un passo indietro, è per dare spazio alle energie civili e intellettuali e sociali di Milano. Mica per stendere un tappeto rosso a un altro partito, anche se trasversale, che rispunta dal passato. 

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