Stampa e regime. C’era una volta….(?)

Quando avete tempo (e un po’ di soldini, 24 euro) leggete l’ultimo libro di Nicola Tranfaglia: La stampa del regime. 1932-1943. Sottotitolo: Le veline del Minculpop per orientare l’informazione. Editore Bompiani. Consiglio sul metodo: saltare di palo in frasca, come si fa da piccoli con le enciclopedie. Si gusta di più ogni direttiva. E si riesce a pensare meglio alle similitudini tra le direttive date allora e quelle date oggi. Magari non per iscritto. Ma al telefono, con sovrappiù dell’autocensura. Considerazioni: la modernità del fascismo, la sua natura totalitaria (altro che limitarsi a imbavagliare l’opposizione, qua si controllano etica ed estetica), ma anche il suo rispetto per la coerenza dei messaggi. Voglio dire che gli estensori delle veline sanno che cosa fa il fascismo e quindi chiedono ai giornali di non criticare i regimi "plutodemocratici" se fanno qualcosa di vagamente simile (ad esempio restrizioni alle libertà). Non c’è il doppio registro, non c’è la spudoratezza di chi dice di non avere conflitti di interesse e poi denuncia quelli delle cooperative rosse. Insomma: quel regime sembra avere più rispetto per la verità e per l’intelligenza dei cittadini di quanto se ne veda in giro oggi. E questo è inquietante. Non tanto per il potere che lo fa. Quanto per i milioni di cittadini che oggi abboccano felici. Potenza della tivù? Sfacelo della cultura di massa?

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