Junio Valerio Borghese, profumo di golpe

Ma chi era Junio Valerio Borghese che nel dicembre del ’70 cercò di fare un golpe per impedire che l’Italia scivolasse a sinistra? Ma chi era lui che con la guardia forestale  puntò sul Viminale e ci entrò pure, e aveva messo in programma l’irruzione alla Rai per controllare da subito radio e televisione? Che golpe fallito (o abortito) fu quello di trentacinque anni fa?

Che differenze ci sono rispetto al golpe-fantasma di oggi? Oggi che libere elezioni e non i moti di piazza hanno deciso di fare "scivolare" l’equilibrio politico a sinistra? Che scenario! La notte della conta il ministro dell’interno invece di presidiare il Viminale lo abbandona e si reca a un vertice politico in un luogo privato, Palazzo Grazioli. Lì, si dice, cerca di calmare il capo del governo che vorrebbe rovesciare il banco e fare invalidare le elezioni. Dopo quel vertice il capo degli sconfitti dice che il voto "deve cambiare". Poi i suoi, che non hanno bisogno di fare irruzione nella televisione  perché l’hanno già in mano, danno dell’"estremista" e dell’"ultrà" a chi è convinto che davvero in Italia chi ha vinto le elezioni abbia il diritto di governare. E intanto chi ha perso si mette a dettare le sue condizioni per andarsene, sotto il ricatto latente  di un paese altrimenti in odore di guerra civile. Più di un terzo di secolo dopo. Senza entrare nel Viminale, senza irrompere alla Rai, senza bisogno della guardia forestale. Che condizioni dettò Junio Valerio Borghese per uscire dal Viminale? E come ne uscì azzoppata la nostra democrazia?

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