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25 aprile: liberazione dalla volgarità
Premessa. Quello che più mi atterrisce di ciò che ho visto sotto il berlusconismo è il trionfo della volgarità. E dico che sarà difficile uscirne. Che il 25 aprile sia dunque festa contro questo mostro culturale e civile che ci portiamo dentro. Per l’occasione vi offro questa poesia scritta dal mio amico Giancarlo Rossi, civilissimo architetto milanese ma soprattutto studioso della classicità, una delle venti persone che in Europa parlano correntemente il latino. Disitllate con il pensiero soprattutto l’ultima strofa…
Volgarità…
Occhi studiati
corpi
provati in posa
allo specchio
copiati dal settimanale
Livore esibito
tristiloquio
che offende negli altri
il proprio male interno
il vuoto che dilaga dentro
Lacrima discinta
suono
singhiozzo
modellati sulla scena
succubi ai mediocri
Artificio di riso
mammelle eloquenti
di chirurgie suadenti sottili
cerone impudico
insistite mode
America
paura di pelli e sensi
diversi
obitorio di merci
fascio di luci scabre
Regioni immani d’Asia
d’Affrica
corpi mutili escissi
di donne
nel nome empio di Dio
Menzogna
misura smodata
a prevaricare pensiero
superbia allegra
livida allegria
Ringhio
di guitto su coturni
che dimentica
pallido di morte
la Morte
Volgarità è dunque il contrapposto di Classicità: dove questa è religione di misura, è scelta di cose degne d’essere ordinate e trasmesse trans aevum, quella è smisurata accettazione dell’immediato; dove la classicità prende atto con animo sereno della naturale finitezza degli uomini e guarda alla morte come alla porta d’ingresso nella memoria, la volgarità ha orrore della natura, che avvelena e stravolge, e terrore della morte, che rimuove ed insieme incorpora, attimo per attimo, in un eterno, isterico, insaziabile, attediato presente.
O saeculum insipiens et inficetum!
Nando
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