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Luciano Moggi, il killer dei sogni
Ora basta! Propongo per Luciano Moggi la seguente irrevocabile condanna: ogni settimana dovrà segnare linee laterali, centrocampo e aree di rigore sui campetti di calcio di una periferia urbana degradata a sua scelta. Può usare polvere di gesso o segatura, come vuole lui. Non sapete chi è Luciano Moggi? E’ il direttore generale della Juventus. E ha commesso il più grande, ignobile reato che possa commettere essere umano: ha ucciso la poesia. E, non contento, ha ucciso il massimo sogno dei bambini: il calcio, il pallone. Che per colpa non solo sua, ma più di tutti sua, simbolicamente sua, non hanno più alcun rapporto con la fantasia fanciullesca, con l’epica degli atleti, con la leggenda dello sport. Gira e rigira, di riffe o di raffe, dove arriva lui il calcio mostra il suo volto insopportabile. O meglio: per me e per i bambini insopportabile. Prima quella assurda sceneggiata della Juve in tribunale per doping. Tutti assolti, certo. Ma più di ogni sentenza hanno parlato i silenzi indimenticabili, le facce da schiaffi di tanti bei “campioni”. Poi la Gea, la società del figlio che ingaggia i giocatori e li segnala al papà, che può deciderne il destino. Ora le intercettazioni sugli arbitri. Domanda dunque il Moggi al designatore degli arbitri: “Ma che cazzo di arbitro ci avete mandato?”. Poi gli ordina una Maserati. Poi ricorda a Biscardi di avergli regalato un orologio da quaranta (!) milioni. E tanto, tanto altro. Dice che non è reato. E’ quasi peggio. E’ una schifezza. Piccolo ricordino: sapete qual è stato l’unico anno in cui gli arbitri per le partite di serie A sono stati sorteggiati? Il 1985. E sapete in quell’anno chi ha vinto lo scudetto? Il Verona.
Nando
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