Ragazzi in divisa

2 giugno festa della Repubblica. E celebre sfilata militare ai Fori Imperiali. Dirò subito che io ci sono andato e che volevo andarci. Sono nato in caserma e ci mancava pure che non ci andassi. Ho pensato a chi sarebbe stato orgoglioso di vedermi come membro del governo su quel palco e mi sono fermato apposta a Roma. E questa è la premessa. Poi però ci sono altre riflessioni. So in partenza che non saranno tutte condivise, ma desidero farle. Offrirle, soprattutto.

D’accordo che la festa della Repubblica non può trasformarsi nella festa delle Forze Armate (c’è già il 4 novembre). Ma questa è colpa delle altre istituzioni, che non hanno arricchito il senso della data, forse per paura di spiegare ogni volta e fino in fondo che cosa vuol dire Repubblica, volontà del popolo, Costituzione. Quel che è certo, però, è che la gente, il popolo profondo, ha un saldo rapporto con le forze armate, specie con alcune loro espressioni, dai carabinieri ai bersaglieri agli alpini. Mi ha fatto male vedere che la folla assiepata sulle tribune o per la strada acclamava soprattutto B. Mi dava un’idea sudamericana del potere. Ma vuol dire che il popolo sente che lui, già lui che dileggia la Guardia di Finanza, lui che non ha fatto il militare, lui che ha avuto paura ad andare più di una volta in Irak, apprezza le forze armate più degli altri. E purtroppo, simbolicamente, se ne è avuta conferma. Battimani scarsi, mi dicono, in certi settori. Oppure: sto qui con il corpo ma con il cuore sono altrove. Perché la bandiera della pace dev’essere sventolata contro le forze armate, che hanno -appunto- il compito della difesa? L’Iraq è una colpa politica.

Secondo me fra l’altro Parisi aveva concepito la sfilata di oggi in un modo assolutamente nuovo. Molte scuole di formazione militare e di polizia, la protezione civile, i ragazzi del servizio civile, l’antiterrorismo, i vigili del fuoco, associazioni partigiane ecc. Tutto nella logica di indicare il rapporto tra popolo e forze armate. Senza cannoni, missili e carri armati. Non so quanti lo abbiano capito. Certo lo ha capito Gustavo Selva, che con una giornalista che lo intervistava si è lamentato: “sembra che abbiamo le crocerossine e non abbiamo i carri armati”.

Ultima considerazione. Questi militari sono proprio ragazzi, a volte ragazzini. Facce acerbe, corpi a volte goffi (si marcia meno bene che ai miei tempi), molte ragazze (volti più intensi, andatura decisamente più elegante). Bisognerebbe investire molto sulla loro formazione. Sono un pezzo decisivo dello Stato. Ma secondo me non sono tanti quelli che hanno questa preoccupazione. E non va bene.

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