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Viaggiare, sì viaggiare…(ragazzi con lo zaino)
E’ tornato mio figlio. E’ tornato nove giorni fa, veramente. Ma non me l’ero potuto godere. Tra Mantova Musica Festival, elezioni milanesi e Ministero, non ero mai riuscito a starci insieme. Era arrivato venerdì dalla Malpensa. Si era nascosto dietro il gazebo di piazza San Babila mentre finivo la campagna elettorale. Poi era spuntato. Abbronzato di quella splendida abbronzatura di chi ha preso il sole senza l’intento di prenderlo. Sorridente e umanamente irriverente (anche se non voleva darlo a vedere) verso le mie fatiche che si ripetono sempre uguali da decenni. Era pure scappato di qualche metro per non scoppiare a ridere di fronte alle involontarie gag che affollano la nostra vita politica.
Ieri ho coronato il mio sogno di sei mesi e più, tanto quanto è passato dalla sua partenza per camminare libero “in un’altra parte del globo”. A cena con lui, mia figlia e mia moglie. Darmi la mano un attimo? Nemmeno a pensarci. Ma un lungo racconto partito da lontano. Che qui trasmetto in pillole. Ha avuto la fortuna di appartenere al popolo più bello del mondo, quello degli zaini sulle spalle. A girare il mondo non sei mai solo, perché quel popolo è ovunque. Vuole continuare ad appartenerci. Ogni due-tre anni vuole prendersi sei mesi, spendere i suoi risparmi dove la vita costa meno e rituffarsi in quel popolo in qualsiasi continente. Per farlo deve cambiare lavoro sempre? Non è detto, se lavora in università no. E in ogni caso perché avere paura della precarietà se tanto oggi ti dicono tutti che devi cambiare lavoro ogni tre anni? Racconta che la cosa che più lo ha affascinato in quelli che incontrava è che quando chiedeva loro che cosa avrebbero fatto al ritorno in patria, la risposta prevalente, e mai preoccupata, era “non lo so”. Non lo so, ripeteva con occhi felici e sognanti.
Gli ho detto che anch’io “non lo so” che cosa farò nella terza parte della mia vita. Sottosegretario ora, ma già ora sono pure editore, scrittore, organizzatore di festival, giornalista. Che farò? Università? Viaggiatore e scrittore a mia volta? Una scuola di formazione a Stromboli con Lidia Ravera? Mi consolo pensando che ho fatto un viaggio di più di mezzo secolo dentro la storia di un popolo, nelle sue passioni, nelle sue sofferenze, nelle sue speranze, e che ci sono stato dentro tante volte da protagonista, ogni volta vedendo e capendo qualcosa di nuovo. Viaggiare nello spazio, viaggiare nel tempo. I liberi sono in fondo come il popolo degli zaini.
Ma la Terra del Fuoco, la Punta del Diablo, l’isola con amache e cocchi da spaccare al mattino ai Carabi, vorrei vederle lo stesso. Tre posti, e me ne basterebbe uno. Per il resto, non mi pento. Ma ho imparato ancora…
Nando
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