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I miei primi ottant’anni. Ovvero i magnifici vecchini
Sorry, sorry! Avete ragione. Davvero questa lontananza dal Blog è disdicevole. Ma credetemi, gli impegni ministeriali assorbono molto più di quelli parlamentari. Ti tieni il computer sempre acceso accanto sperando di avere cinque minuti per infilarci qualche sprazzo di vita vissuta o qualche pensierino della sera, e non ci riesci. Quando poi lo lasci, ti aspetta il dibattito in giro per l’Italia. Specie in questi giorni di campagna referendaria. Ma di questo e altro parlerò dopo.
E’ da martedì scorso che mi porto dietro la voglia di esprimere la mia indignazione per una cosa letta sul “Corriere”. Si tratta di un editoriale scritto da Geminello Alvi. Sarcastico verso Prodi e le sue manifestazioni di calma e buon umore. Legittimamente. Perché il sarcasmo in una stampa libera ha tutto il diritto di starci. Quel che mi ha colpito è stata la mancanza di rispetto verso gli anziani. Alvi parla della Menapace come di “una vecchina antimperialista” che “ha rischiato” di diventare presidente della Commissione Difesa del Senato. Come ho detto anche qui, quella nomina era, a mio avviso, la meno indicata. Ma Lidia Menapace è persona specchiata. E nessuno si è mai permesso di dare del “vecchino” a Ciampi o a Scalfaro o a Napolitano o ad Andreotti. Perché allora la Menapace diventa “una vecchina”? Perché donna? Perché esponente della sinistra radicale? Perché pacifista? Perché dotata di poco potere? Vedete, io mi ritrovo spesso a dire che la vera, più profonda differenza tra destra e sinistra la si vede nelle barzellette; nel linguaggio usato. Ecco, una donna che ha comunque dedicato la sua vita al bene pubblico che viene trasformata in “vecchina” vale più di un’enciclopedia; e la parola insolente traccia in un attimo i confini tra le opposte culture.
Un altro “vecchino” indisciplinato, nel frattempo, se ne è andato. Parlo di Paolo Murialdi, giornalista e storico del giornalismo. Uno con la spina dorsale diritta. Lo ebbi accanto vent’anni fa ai tempi del circolo Società Civile a Milano. Non ebbe paura a schierarsi contro la corruzione. Lo ringraziamo in tanti. Per le sue lezioni di giornalismo. Per i suoi studi. Per la sua passione che ha varcato gli ottantacinque. Per il suo essere stato un magnifico “vecchino”.
Nando
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