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Costituzione, la posta suprema
(l’Unità) – Ma perché ripetere solo che è un “pasticcio” ? Perché ripetere solo che le riforme costituzionali si fanno con larghe maggioranze? Perché blande contestazioni di fronte alla truffa mediatica dei “parlamentari in meno”? Qui c’è soprattutto una cosa da dire e ribadire nelle trenta o quaranta ore che abbiamo ancora a disposizione per convincere i cittadini ad andare a votare “No”. Ed è che questo progetto di Costituzione è il punto di arrivo di un viaggio.
Il viaggio di un signore che era andato al governo in forza di libere elezioni e che per questo era convinto di potere piegare un Paese, una Repubblica, alle sue volontà e ai suoi interessi personali. Il viaggio di un signore convinto, sinceramente convinto, che lo Stato democratico fosse come un’azienda, di cui l’amministratore delegato era libero di fare e disfare a suo piacimento. E che poi durante il suo viaggio nelle istituzioni si è accorto con fastidio e con rabbia che non era così. Che c’era un articolo della Costituzione, il numero 1 per giunta, che stabiliva che la sovranità appartiene sì al popolo, ma che questo la esercita “nelle forme e nei limiti della Costituzione”. Ossia che la Costituzione conta più del libero voto popolare. Perché così è nelle democrazie costituzionali. Dove un insieme di diritti viene garantito a tutti, anche alle minoranze, anche ai più deboli. E dove un insieme di doveri viene sancito per tutti, anche per le maggioranze, anche per i più forti. Sacro principio che i nostri costituenti vollero non a caso scolpire subito, in apertura della Carta. Perché loro avevano ben visto anche i dittatori andare al potere sull’onda del libero voto popolare. E volevano tutelarci da questo rischio. Ecco perché “nelle forme e nei limiti della Costituzione”.
Forme e limiti che durante il viaggio di questo signore hanno preso varie sembianze. Il volto del presidente della Repubblica, per esempio. Che per palese incostituzionalità può rifiutarsi di firmare alcune leggi, anche quelle che riguardano i supremi interessi economici o giudiziari del signore in questione. E che può dunque ritardarne l’approvazione. Anche se a lui, alla fine, le leggi possono ugualmente essere rispedite, magari con qualche sfregio in più. Ed è costretto a firmarle. Ma dopo di lui c’è una Corte Costituzionale, che boccia una legge quando la trova contraria ai principi costituzionali. Per esempio una legge che regali l’impunità alle cinque più alte cariche dello Stato. E alla Corte Costituzionale le leggi non possono essere rispedite tali e quali. Il suo giudizio è inappellabile. E non basta. Perché non c’è solo il problema del fare le leggi. C’è anche il problema di rispettare quelle esistenti, che hanno un valore anche per chi ha vinto le elezioni. E per garantire questo principio ci sono dei magistrati indipendenti, tutelati dalla presenza di un altro organo previsto dalla Costituzione, che si chiama Consiglio superiore della magistratura. E non è finita. Perché le leggi non si possono fare con dei blitz, approfittando del silenzio o, al contrario,di una massiccia e martellante campagna mediatica a favore. Il parlamento infatti si compone di due rami; e nel passaggio di una legge dall’uno all’altro ramo possono prodursi fortissimi movimenti d’opinione, perfino piazze che si riempiono di un milione di persone. Oppure possono raffreddarsi gli animi sicché le tivù non bastano più a decidere che cosa è giusto e che cosa ingiusto. E questo è francamente fastidioso. Di più. Nemmeno in un solo ramo si è poi così sicuri di ottenere subito quel che si vuole. Perché ogni tanto possono esserci dissensi perfino nella coalizione che ha vinto le elezioni e qualche provvedimento può essere affondato se ci sono gli estremi per ricorrere al voto segreto. Accidenti, queste “forme e limiti della Costituzione”!
Ecco allora che il signore e i suoi amici si guardano indietro e, come Ferdinando Magellano dopo la circumnavigazione del mondo, prendono la loro mappa e consultando il diario di bordo segnano i punti dove si sono incagliati, dove hanno trovato la tempesta, dove sono arrivati i galeoni corsari. E li cancellano per il futuro. Qui c’è il presidente della Repubblica. Via, facciamone un notaio. Qui c’è la Corte Costituzionale. Via, inzeppiamola di politici. Qui c’è il Csm. Via, un bel po’ di indipendenza in meno. Qui ci sono le due Camere. Via una, la chiameremo Senato federale. Qui c’è la Camera residua. Via anche lei, il capo del governo la potrà sciogliere quando vuole. Potrà ricattare le coscienze dei suoi, soprattutto ora che con la nuova legge elettorale deciderà lui direttamente chi si potrà ricandidare. Via tutto. Altro che “pasticcio”! E’ un disegno chiarissimo. Si chiama potere assoluto. Dopodiché immaginate che chi sarà chiamato a esercitarlo possa per caso essere anche uno degli uomini più potenti e ricchi del mondo, e magari che possieda anche le tivù. Che ne dite? Che è un pasticcio? Che è un problema di metodo?
E infatti cercano di non farlo vedere. E perciò – complici le tivù, anche quelle “di garanzia” – seminano bufale a piene mani.
Bufala numero uno. Quella dei parlamentari in meno, per esempio. Sarà nel 2016, campa cavallo, giusto perché altrimenti nemmeno i loro gliela votavano, questa Costituzione. Così invece altri dieci anni assicurati per chi c’è adesso. Poi si vedrà. Se tanto mi dà tanto, si potrebbe anche fare passare il potere assoluto con il Sì, e poi, fra otto anni, rimettere una norma per aumentarli di nuovo. Sarebbe così strano?
Bufala numero due. Quella del federalismo fiscale. Dove, di grazia? Dove si trova una sola norma nel nuovo testo che parli di federalismo fiscale?
Bufala numero tre. Quella della semplificazione delle decisioni. E qui bisogna intendersi. Perché che i tempi delle decisioni debbano ridursi, questo è indubbio. Ma si può benissimo intervenire con sapienza sui regolamenti parlamentari. O sulla legge elettorale. Senza dimenticare quel che disse Vittorio Feltri in un celebre “Porta a Porta” a Berlusconi: però le leggi che la riguardavano, gli ricordò, hanno viaggiato alla velocità della luce. E in ogni caso basti pensare alla “semplificazione” introdotta dal meccanismo del Senato federale. Sentite qua. Il Senato federale dovrebbe decidere sulle materie di competenza delle regioni. Solo che la Camera potrebbe decidere a sua volta che si tratti di materie di interesse nazionale, dunque di competenza sua. A quel punto le due Camere, per decidere, dovrebbero formare una commissione mista di Camera e Senato per decidere a chi spetta decidere. E se poi una regione si sentisse danneggiata dalla decisione finale potrebbe pure ricorrere alla Corte costituzionale. Operazione tempi celeri, non c’è che dire. Ora: questo è un “pasticcio” o è più semplicemente una cosa da pazzi, tanto più se si pensa che il Senato federale non si forma in una certa data ma che è una porta girevole dalla quale -lo sapevate?- si entra a ogni elezione dei consigli regionali, le quali avvengono notoriamente in anni diversi e dunque immetterebbero ogni volta nel Senato drappelli di eletti che dovrebbero ogni volta ricominciare tutto da capo?
Forse troppo si è detto della devolution, rispetto a un impianto che rilancia il potere assoluto, infiocchettandolo con qualche trovata di facciata. I nostri costituenti vollero metterci al riparo da ciò che essi avevano visto. Non da cambiamenti della Costituzione, che io augurerei anche per la prima parte (esempio: le comunicazioni di massa, l’ambiente). Volevano proteggerci dall’arbitrio assoluto del vincitore. Incredibile che gli elettori del centrodestra che già contestano il diritto di Prodi a governare per l’esiguità del successo elettorale, pensino poi di potere dare a un suo emulo futuro addirittura poteri assoluti. Incredibile, anche, che questo confronto referendario sia stato così fiacco. E’ vero che siamo in campagna elettorale da settembre, dalle primarie. E’ vero che non ce la facciamo più. Ma la Costituzione di un paese conta più di chi vince le elezioni. E’ la posta suprema. Difendiamola. Difendiamo quelle “forme” e quei “limiti”. Per darci questa Carta molti dei futuri costituenti andarono in montagna e rischiarono la vita. A noi si chiede solo di andare a votare. E di fare andare a votare.
admin
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