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Ministero. Cantando & ballando
Ve lo dirò. Un giorno o l’altro, magari (crepi l’avarizia!) pure domani in attesa della Francia. Sì, vi dirò che cosa ci faccio al Ministero dell’Università. Ne avete ogni diritto, lettori affezionati o erratici che siate. Ma intanto vorrei darvi solo un’idea della autentica miniera che sta sotto il Ministero. Una miniera di cultura, di talenti, di arte diffusa e in erba. Parlo dei Conservatori e delle Accademie. Mi piace, mi intriga, vedere quali e quante manifestazioni artistiche pullulino dentro un sistema, quello della cosiddetta Alta formazione musicale e artistica, che è spesso stato considerato il sottoscala della nostra formazione. Mercoledì sera ho assistito dentro il cortile del Ministero, all’Eur, alla rappresentazione della “Vedova allegra” tenuta da allievi e professori del Conservatorio di Monopoli (provincia di Bari, zoticoni!). Non un capolavoro, intendiamoci. Però una cosa deliziosa, con vere punte d’arte operettistica, con una dedizione e un impegno di gruppo fantastici. Pullman, colazione al sacco, autoallestimento della scenografia, e tanta felicità dopo gli applausi. Alla faccia della leggenda sugli “sprechi”. E non si tratta di un singolo episodio. Perché il Conservatorio di Monopoli ha praticamente impegnato tutta l’estate con esibizioni musicali di ogni taglio e genere da parte della sua popolazione discente-docente.
Il giovedì sera invece l’ho passato, un po’ sopra le terme di Caracalla, alla Accademia nazionale di Danza. Dice: e tu che c’azzecchi con la danza? In effetti niente, almeno biograficamente. Gli unici ballerini di cui ho saputo qualcosa nella mia vita sono Nureiev, don Lurio e Valpreda. Ho anche guardato con (giustificata) diffidenza i pochi sforzi di mia moglie per avviare alla danza mia figlia Dora, poverina lei. E dentro di me ho pure pensato che mica si può lavorare tutto il giorno per poi passarsi la sera (in luglio a Roma!) a vedere danze e operette. Invece sono rimasto ammirato, davanti ai saggi dei finalisti del concorso internazionale di danza organizzato dall’Accademia. Mi ha affascinato, tanto più in quello scenario suggestivo, l’idea di una ragazza francese di ballare come se avesse tre gambe,con una gamba finta aggiunta nei pantaloni fatti su misura. Ballava e quasi non si capiva quale fosse quella finta, mentre si muoveva a terra, mentre faceva le sue evoluzioni per aria. Una potenza allegorica forse perfino involontaria. Insomma, ci sono anche queste cose qui di cui devo occuparmi. E ne sono entusiasta. Se penso a un altro festival di Mantova? E chi lo sa!
Infine, della serie “prima o poi ci si rivede”: il compagno della direttrice dell’Accademia, Margherita Parrilla, mi ha detto di avere collaborato con me sulla rivista “Meridione città e campagna”. Ricordavo il suo cognome: Taglialavoro. Correvano gli anni 1976-1979. Dirigeva la rivista Lorenzo Barbera, dal suo centro studi cresciuto nel Belice terremotato. Dolce e combattiva giovinezza… e peccato che la vita non duri abbastanza per potersi rincontrare ogni trent’ anni almeno due o tre volte…
Nando
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