Democrazia domenicale

Politica in pillole domenicali.
a) L’intervista di Fausto Bertinotti sul “Corriere”. Confortante sapere che il leader di Rifondazione (lo so, lo so, ora è il presidente della Camera) vuole sostenere la legislatura. Importante che sia lui a ricordare che abbiamo tutti un patto di lealtà con gli elettori. Mi pare che ogni tanto qualcuno se ne dimentichi, e soprattutto dimentichi che cosa abbiamo visto tra il 2001 e il 2006 in questo avventurato paese. Mi ha colpito però il linguaggio involuto del Presidente. Leggetelo bene, non è il suo modo di parlare. Deve avere corretto (o ha fatto correggere) per iscritto il testo dell’intervista. La mia opinione? Un linguaggio da anni settanta, stile “Fronte Popolare” (il glorioso settimanale a cui collaboravo anch’io), per dire cose da anni Duemila. Come se non ci fosse o non potesse esserci tutta l’energia utile a esprimere le nuove idee con la dovuta chiarezza.

b) Le dichiarazioni di Mastella sulle sentenze dello scandalo-calcio. Ma Clemente, Clemente: come si fa a sostenere che certe cose si dicono da tifoso e non da ministro? L’amnistia è materia tua, squisitamente tua. O meglio, visto che si tratta di giustizia sportiva: diciamo che il concetto è materia tua. Ma, evocato da te, ha effetti politici immediati. E poi: come si fa a dire che sei tifoso “vita natural durante” e invece ministro “pro tempore”?. Vuol dire che il tifoso ha il diritto di prevalere sul ministro? Amici, ma che cosa diciamo?

c) Oggi inizia l’assemblea federale della Margherita. Non so che tipo di relazione farà Rutelli dopo la gelata impressa da Fassino al cammino verso il partito democratico. Spero che non ammaini le bandiere, che non si tiri indietro. Dobbiamo fare di tutto per realizzarlo. Poi chiederò udienza privatissima al mio ministro Fabio Mussi per provare a spiegargli perché, secondo me almeno, la nascita del partito democratico può fare solo del bene al centrosinistra italiano. Di questo ha senso parlare, più che di tante fumisterie. Lavorando intanto, beninteso, a fare le cose più concrete possibili.

d) Le magliette “Mafia, made in Italy”, infine. La nuova, indecente citrulleria palermitana. Che cosa io ne pensi, l’ho scritto con un apologo sull’Unità di oggi. Solo un auspicio vorrei fare. Che non le requisiscano. Che le lascino in vetrina. Che i simil-picciotti e i turisti scemi o un po’ razzisti ne comprino a iosa. E che poi i cittadini palermitani per bene boicottino radicalmente e in saecula saeculorum i negozi che le vendono. Libertà di commercio è anche libertà di non comprare. E libertà di idee (da salvaguardare comunque) è anche la libertà di pensare che certe cose fanno schifo. E vanno fatte pagare. Democraticamente, s’intende.

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