Giuliano e Heidi. Cartoline da Genova

E’ il 20 luglio. Cinque anni fa ci furono le prove generali di tante cose. Accadde a Genova. Di qua qualcuno volle fare le prove generali di assalto al G8. Di là qualcun altro, più irresponsabilmente, volle fare le prove di governo. Di governo autoritario e che non ammette disordini. Che gliela fa vedere ai “rossi”. Che manda qualche parlamentare nelle sale operative delle forze dell’ordine a dare disposizioni o a eccitare “politicamente” chi dovrebbe avere la testa più fredda possibile. Non la faccio lunga. Rimase sulla strada un ragazzo di nome Carlo Giuliani. Ucciso dall’arma di un giovane carabiniere, probabilmente terrorizzato dalla reazione che altri giovani (manifestanti) avevano avuto dopo una “carica” irresponsabile e tecnicamente disastrosa degli uomini in divisa. Sono scene indimenticabili. Tutte quelle di quei giorni, voglio aggiungere, sapendo di non accontentare mai nessuno, perché nessuno vuole prendersi le sue responsabilità di fronte a quella follia, a quella ferita non ancora rimarginata nella storia della nostra democrazia.

Il filmato da brividi della morte di Carlo Giuliani e di quel che successe dopo è stato proiettato al teatro Capranica a Roma l’altro pomeriggio. Qualcuno piangeva. Qualcuno continuava a dire “non è possibile”, specie rivedendo quell’ispettore di polizia che rincorre un manifestante gridandogli davanti alle telecamere “bastardo, l’hai ucciso tu”. Io ho provato una volta di più uno smisurato affetto per Giuliano Giuliani, il padre di Carlo, che nelle ore della disperazione seppe avere in tivù parole di civiltà e responsabilità difficilissime. E affetto per Heidi, la mamma, ed Elena, la sorella.

Mio figlio era andato a Genova anche lui, senza che me lo aspettassi, visto che non faceva e non fa politica ma faceva “solo” il caposcout. Andò, volle andare a tutti i costi, sorprendendomi e svelandomi una generazione che, come sempre, era altro da ciò che appariva agli adulti. Quando le agenzie parlarono di un giovane ucciso di 23 anni, e poi seppi anche che si chiamava Carlo, passai un’ora di terrore. Per questo, avendo solo temuto per un’ora di dovere vivere quel che loro hanno vissuto davvero per sempre, mi sento legato come un fratello a Giuliano e Heidi.

Per questo oggi voglio mandar loro un abbraccio.

Leave a Reply

Next ArticleUltima chance per l'Antimafia