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Ultima chance per l’Antimafia
(Europa, 21 luglio 2006) – Abolire la Commissione Antimafia? Siamo sinceri, qualche ragione Emanuele Macaluso ce l’ha. La creatura non è più la stessa. E’ vero che fin dalla nascita si sono dati da fare in molti per tagliarle le unghie, per farne una grida manzoniana. Che ci hanno infilato dentro gente che sentiva il dovere della lotta alla mafia come un bimbo può sentire il dovere della lotta al pappagallo amazzonico. Ma il suo contributo di conoscenza la Commissione l’ha dato. E alto, anche.
Ha usato dei propri poteri per raccogliere un materiale di interesse straordinario, benché letto al massimo da qualche centinaio di addetti per generazione parlamentare. Ha fatto sentire in ogni caso il proprio fiato sul collo di amministrazioni e apparati pigri, indolenti o perfino complici. E se raramente ha saputo sottrarsi al richiamo della foresta, ossia il salvataggio – sempre e comunque – degli amici di governo, è anche stata per decenni uno dei principali punti di riferimento dell’impegno per la legalità, specie nel mezzogiorno. L’arena istituzionale più autorevole nella quale portare denunce e analisi.
Via via però è mutata in altro. Ha dimenticato di avere poteri d’inchiesta pari a quelli della magistratura. E’ diventata, e in modo clamoroso nell’ultima legislatura, l’arena nella quale portare rancori personali e lotte locali, dalla quale lanciare siluri irresponsabili contro i servitori dello Stato in trincea. Da usare, anziché a fianco della magistratura, contro i magistrati più impegnati. O per entrare a gamba tesa in questioni politiche estranee al suo lavoro, come con le famose quattrocento pagine in difesa di Andreotti nella Relazione dello scorso gennaio. Vista la risonanza mediatica del suo operato, è stata ambita e frequentata assai spesso con l’occhio rivolto alla visibilità personale più che al servizio da rendere al Paese. Con audizioni talora strazianti: domande-comizio, parole in libertà su cause pretestuose. E sottocommissioni pletoriche e inefficienti. Per questo, e non certo per complicità con Cosa Nostra, anch’io alla fine della mia esperienza nella scorsa legislatura, giunsi a prevederne e auspicarne – paradossalmente ma non troppo – lo scioglimento. Lo feci in forma ufficiale, rivolto al presidente Centaro. Convinto che, come già per la Commissione Stragi, il cattivo uso di una commissione ne produce inevitabilmente la delegittimazione e la dichiarazione di fallimento.
Ora Macaluso lo propone seriamente. E con motivazioni indiscutibili, tra cui la nascita e il consolidamento della Direzione Nazionale Antimafia e – rispetto agli anni sessanta e settanta – il ben diverso impegno della magistratura sul fronte investigativo. Sostiene che si potrebbe affidare la materia alle commissioni Giustizia e Interni del parlamento. Il guaio è che la commissione Interni (nonostante le sollecitazioni della Margherita nella scorsa legislatura) proprio non esiste. E che la commissione Giustizia è fisiologicamente inadatta a svolgere da sola i compiti dell’Antimafia. Che fare? Io direi di dare all’Antimafia l’ultima chance. Poi, già vedendo chi ci viene messo dentro e chi la presiede, decidiamo che farne. Se la punta di diamante dell’impegno parlamentare per il progresso civile del Paese o un ventre molle della politica buono per altre spartizioni. Da neutralizzare con saggezza. E chiudere alla prossima fermata.
admin
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