Le mutande della Bocconi e la dolce evasione

Le mutande della Bocconi. Questa enormità me la tenevo sul gozzo da lunedì scorso. E solo la sfilza degli impegni ministeriali mi ha impedito di raccontarvela. Ora, in una pausa amara (quell’indulto fatto in quel modo!, ma ci torno domani…), assolvo al mio compito. Capita dunque che lunedì pomeriggio, avendo un impegno sul tardi proprio con il rettore della Bocconi, dia qualche appuntamento di lavoro in un bar vicino all’università. Si chiama Taxi Blues (annotate il nome, e non dimenticatelo!), angolo via Bocconi-viale Bligny. Non è l’unico Taxi Blues della zona, ce n’è un altro, ed è quello originario, in viale Bligny. Hanno fatto fortuna, e ora capirete come.

A servire ai tavoli (ci sono sul marciapiede anche dei divani in vimini) c’è un giovanotto che dà del tu a tutti, come facevano una volta con molta più naturalezza nelle osterie di Trastevere. Non so quanto sia sveglio. Gli chiedo acqua brillante e porta acqua minerale. Ma soprattutto, quando si gira, noto che il giovanotto pratica la amabile moda dei calzoni a metà mutande. E noto che sulle mutande ci sono incise due belle lettere maiuscole: U e B. Noto anche che non dà scontrino. Non glielo chiedo perché, essendomi aggiunto al tavolo di due altri clienti, penso che sia una svista singola. Invece non ne dà proprio. In tre testimoni assistiamo per un’ora a una delle più sfacciate evasioni fiscali della storia dei bar. Non uno scontrino. Dicono che a Milano sia di moda, anche in corso Sempione. Mi devi quattro euro, mi devi sette euro, niente scontrino e mostra di mutande. Senonché a un certo punto, mentre mi riprometto di dire tutto a Visco (al quale girerò questo Blog, e vai!), mi accorgo che U.B. significa Università Bocconi, anzi che ci sta scritto per intero. Ora dico io: una volta le università affidavano il loro merchandising alle cravatte, ai foulard, alle borse di tela. Ma le mutande chi le ha inventate? E chi le ha date a questo sveglio giovanotto perché faccia reclame nel pieno della sua e altrui evasione fiscale, a due metri dalla libreria Egea, vanto bocconiano, e a cinquanta dalla Scuola di direzione aziendale?

Però la cosa mi indispone anche per un altro motivo. E vi racconto anche questa. Perché lì dove ora c’è questo Taxi Blues (ricordate sempre il nome!) una volta c’era una meravigliosa bocciofila. Si chiamava Stella Alpina. Aveva anche una grande pista da ballo dove gli anziani si dedicavano reciprocamente ore di tardo languore sensuale ballando walzer e polke e mazurke. Era bellissimo stare alla finestra della nostra stanzetta al pensionato Bocconi e vederli arrivare, tutti eleganti e azzimati. Era la serata del loro divertimento. Poi la Bocconi decise di espandersi. E la Stella Alpina resistette con il nostro aiuto. Il 1 gennaio del ’75 erano sicuri di potere entrare e sfondare tutto con le ruspe. Gli studenti, pensavano loro, saranno tutti a casa, il pensionato sarà vuoto e nessuno farà resistenza. Invece noi (io in realtà ero un fuori quota, essendo assistente alle esercitazioni) ci facemmo trovare lì, proprio la mattina di Capodanno, mica eravamo fessi. Fu divertentissimo vedere la faccia della ruspa e dei ruspanti. Poi passarono gli anni. La modernizzazione avanzò. E alla fine eccoli qui i risultati. Taxi Blues, evasori e mutande della Bocconi. Ahi ahi, università del mio corazon…

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