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Il trenino dell’impunità
(l’Unità, 30 luglio 2006) – Indulto. Questa assurda legge sull’indulto. Non si sa da dove incominciare. Se dall’immagine di un grande papa chino, malfermo e indomito che chiede clemenza per i dannati della terra davanti a un parlamento che lo applaude per tradirlo il giorno dopo. Se dalle immagini dei detenuti che chiedono con ansia ai senatori della commissione giustizia in visita nelle carceri se ci sarà l’amnistia. O se dal popolo dell’Ulivo che si batte in piazza per anni contro le leggi ad personam;
le facce di tanta gente per bene che difende la Costituzione dall’assalto di un manipolo di imputati eccellenti. O se, ancora, dal trenino dell’impunità che venne concepito da poche menti ciniche e trasversali nella legislatura 1996-2001, quella governata in varie salse dall’Ulivo.
Potendo scegliere, però, partirò proprio da qui. Da quel trenino dell’impunità. Che funzionava così. Aveva un vagone nobile in testa, che era quello della grazia per Adriano Sofri. Sulla quale bisognava ottenere i consensi necessari, pur essendo la grazia – come si sa – una prerogativa del presidente della Repubblica. Consensi che venivano promessi in cambio del sostegno ad altre, meno nobili cause. Quelle dei corrotti, per esempio. Per "chiudere la stagione di Mani Pulite" e "ridare alla politica il suo primato". Oppure quelle degli ex terroristi. Per “chiudere la stagione degli anni di piombo”. In tutti e due i casi per giungere a "una riconciliazione nazionale". Poi c’era il quarto vagone, perché quando si inizia a mercanteggiare i mercanti si moltiplicano e la piazza si affolla: ed era quello dei mafiosi e dei loro amici, ostili ai testimoni, ai pentiti, all’ergastolo e anche alle condanne passate in giudicato quando ancora non vigevano i principi del giusto processo. Il trenino dell’impunità mostrò il suo nitido design in parlamento e iniziò anche a sferragliare. Giunse in qualche stazione (non ovviamente a quella più nobile). Sui binari di superficie lo fermò Scalfaro. E pure un po’ di senso delle istituzioni sparso nei ministeri. Eppure non si arrese mai. Camminò sotto terra, come un fiume carsico. La giustizia essendo la vera febbre vitale della politica italiana, proseguì il suo viaggio. E ne mandò qualche segnale anche in superficie. Quella legislatura vide infatti – lo ricordate? – un parlamento diviso aspramente in due. Il centrodestra giunse perfino a lasciare l’aula in occasione del voto finale sulla finanziaria dell’euro. Contrasti duri, durissimi. Eppure su una materia, su una materia sola, in quella legislatura si votò sempre all’unanimità: la giustizia; spianando la strada alle offensive della legislatura successiva.
Colpa dei primi ministri? Colpa dei ministri della giustizia? No. Colpa dei "gruppi umani". Lo so, molti sorridono di questa mia teoria. Ma i gruppi umani esistono. E a volte contano più dei gruppi politici, ai quali danno la linea approfittando di una maggiore competenza (a volte presunta) sulla materia o di una maggiore "internità" alle vicende giudiziarie. I gruppi umani si compongono di biografie, di interessi, di culture anche molto diverse. Ma che convergono su un punto: sulla giustizia (ossia sulla materia che meno di ogni altro dovrebbe, proprio per definizione, essere trattabile) si può trattare. Personaggi con un passato estremista border line e con tutti i legami conseguenti, amici di inquisiti o condannati per reati contro la pubblica amministrazione, avvocati con cause importanti, parlamentari eletti (ce lo dicono i boss in persona) con i voti di Cosa Nostra, persone sensibili alle cause di imputati eccellenti, non necessariamente di destra, si ritrovano e si fiutano. Mica a una riunione, non pensiate che questa sia la Spectre dell’impunità. Ma per assaggi spontanei, di chiacchiera in chiacchiera, finché lo scambio si delinea e si fa. Poi ci si presenta ai propri gruppi politici e si comunica con aria grave e ineluttabile che "c’è un accordo" (questa è la frase magica). Infine se ne dà una versione potabile, del tipo che se si vogliono salvare i dannati della terra c’è un piccolo prezzo da pagare, una settantina di corrotti e nulla più. I gruppi si conformano. Dopodiché si fa passare l’ "accordo" in commissione in poco tempo, approfittando sapientemente di distrazioni e assenze (colpevolissime) e timidezze altrui. Nei gruppi, specie quando i giornali iniziano a parlarne, si agitano mal di pancia, sensi di colpa, dilemmi etici. Ma poi c’è sempre qualcuno più pratico degli altri che ricorda che in questo modo, in fondo, si salva anche qualcuno dei propri amici. Non c’è forse sempre qualcuno che è stato “ingiustamente” inquisito o condannato? E così, di passaggio in passaggio, si fa quello che a mente fredda non si farebbe mai. Si vota una porcheria travestita da atto umanitario o da atto di intelligenza politica.
Nella scorsa legislatura il trenino rallentò assai. Perché il centrosinistra si trovò all’opposizione e aveva una spinta immediata, chiamiamola interesse politico, a ostacolare le leggi della vergogna. Perché ci fu piazza Navona, promossa da un gruppo di parlamentari che fiutava una certa tendenza a fare comunque in certi casi, sulla materia, l’opposizione di sua maestà. Perché, per combinazioni chimiche assolutamente fortuite, si realizzò un altro gruppo umano eguale e contrario, anch’esso trasversale, forte soprattutto al senato, che diede battaglia senza tregua sulle grandi questioni di principio. Che venne anche rimbrottato dall’alto per un eccesso di opposizione al lodo Schifani (le impunità alle più alte cariche dello Stato), poi dichiarato incostituzionale dalla Corte suprema. Gruppo umano che stavolta non c’è quasi più e che si spera sappia ricostituirsi con i nuovi arrivi, a partire da Gerardo D’Ambrosio. Quel che è successo, l’indisponibilità a sinistra a discutere di certi emendamenti, alcune affermazioni fuori controllo ("vogliono tenere in galera un povero settantenne" riferito a Previti che è agli arresti domiciliari!), una durezza polemica psicanaliticamente interessante, sembrano dirci che in questo accordo c’è qualcosa che non viene detto, anche se le sue dinamiche parlamentari si sono espresse, su questo non c’è dubbio, totalmente alla luce del sole. L’ "accordo", appunto. Chissà perché nessuno ha voluto stanare il centrodestra per inchiodarlo alla sua responsabilità: non volere clemenza per i dannati della terra. Chissà perché nessuno ha denunciato quel patto scellerato, invece di subirlo docilmente. Viene purtroppo da pensare che forse in quegli iniziali conciliaboli del "gruppo umano" proprio da quei settanta si sia partiti; o che essi siano stati messi subito sul piatto per renderlo più invogliante.
Dal punto di vista della giustizia, va detto, è stato un mercimonio. Ossia il contrario esatto della giustizia. Dal punto di vista politico si rischia di dare l’immagine di una Unione dalla doppia morale, quella dell’opposizione e quella del governo. Ci si aliena un elettorato di destra che chiede sicurezza, anche in modo non forcaiolo. Ma soprattutto si demotiva e si umilia un elettorato di centrosinistra (in grandissima parte non forcaiolo), il più appassionato e generoso, che si è battuto contro le leggi ad personam e che oggi, per usare l’espressione amarissima di un ospite del mio Blog, si chiede se non avesse ragione Berlusconi a considerarlo un po’ co…… Se mai fossimo costretti a tornare alle urne, Dio ci scampi e liberi da questo "risultato politico".
Chiusura doverosa per i lettori. Per settimane non mi sono pronunciato sull’argomento. Non sono più in parlamento e ho una responsabilità di governo in altro ministero (felice fu il suggerimento di chi dal tavolo delle trattative mi sconsigliò di andare alla Giustizia…). Perciò ho avuto pudore a intervenire. Ma io so, sono convinto per esperienza, che se questo gruppo umano continuerà a operare indisturbato, quello che abbiamo visto in questi giorni sarà solo un assaggio. E so ancora meglio che quando in un paese viene garantita l’impunità dei potenti, il clima morale, lo spirito pubblico degradano. E che quando si abbassano nell’indifferenza di tutti, qualcuno che rappresenta lo Stato ci resta sul campo. E questo a me nessuno può chiedere di dimenticarlo. Nessuno che abbia più di quarant’anni e memoria del passato, può chiedermi di tacere.
Nando
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