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Carlo Levi va in pensione
Che scoperte si fanno d’estate! Fra le tante, che si fanno o che si rinnovano, ce n’è una che mi ha colpito molto. "Le parole sono pietre" non si trova più. Proprio così. A molti sembrerà una bazzecola. A me sembra un segno dei tempi. "Le parole sono pietre" fu scritto a metà degli anni cinquanta da Carlo Levi. E’ uno dei più grandi testi di narrativa civile italiana del novecento (per me la narrativa non è solo l’invenzione letteraria, si può narrare anche la realtà, o no?). Ha forgiato immagini che si sono radicate nella nostra cultura. Ha scolpito magistralmente la Sicilia del dopoguerra, dandoci quel ritratto da tragedia greca della madre di Salvatore Carnevale, il sindacalista ucciso dalla mafia a Sciara. Edito da Einaudi, l’ultima volta nel ’98. Non è più nemmeno in magazzino e non si trova più nelle librerie! L’ho cercato per mesi. Sto scrivendo un libro sulle donne dell’antimafia. Volevo tornare appunto alla parte finale del libro, quella sulla madre di Carnevale, a quella ribellione grande e meravigliosa; e a quella giustizia che anticipa esemplarmente, nella vicenda di allora, ciò che sarà la giustizia nella storia della Repubblica italiana. Niente. Carlo Levi va in cantina. Per trovarlo, dopo innumerevoli telefonate e tentativi a vuoto, alla fine è dovuta andare una gentile signora romana alla sua biblioteca di quartiere e fotocopiarlo.
Questo è il destino dei libri che non vengono adottati a scuola. Quando non l’adotteranno più, bisognerà andare alla biblioteca di quartiere a fotocopiare "Se questo è un uomo". E prima ancora "Lettera a una professoressa". Che volete, non è un romanzo, non è scritto da un comico, non è né di Vespa né di Crepet, non ha il dvd, e perché dovrebbe stare in libreria?
Nando
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