Piazzale Loreto 2. Poesia per ricordare

Penso sempre di più che l’unica vera giustizia sia quella resa dalla storia. E per questo credo che la memoria vada conservata e rafforzata. Così ieri sera, davanti ad alcune centinaia di persone (sempre più tenere e stupende quelle vecchie partigiane con gli occhi pieni di vita e di sofferenza, di orgoglio e di voglia di giustizia) ho promesso d’istinto un grande bando per premi di laurea per un nuovo ciclo di tesi sulla Resistenza. Lo aveva chiesto dal palco Antonio Pizzinato, ex senatore e leader sindacale, entrato in fabbrica a dodici anni (vai a lavorare almeno una volta!, gli disse sprezzante una volta in tivù un deputato di An…).

Ecco i versi (bellissimi) con cui Alfonso Gatto ricordò i martiri di piazzale Loreto: “Ed era l’alba, poi tutto fu fermo/ la città, il cielo, il fiato del giorno./ Rimasero i carnefici soltanto/ vivi davanti ai morti./ Era silenzio l’urlo del mattino,/ silenzio il cielo ferito:/ un silenzio di case, di Milano./ Restarono bruttati anche di sole,/ sporchi di luce e l’uno e l’altro odiosi,/ gli assassini venduti alla paura”. E, scusate ma qui forse posso farlo (ieri sera non potevo), vi do anche il nome -uscito dai documenti dell’Armadio della vergogna- dell’ufficiale dei carabinieri che diede ordine per primo, nell’Arma, di indagare sulle stragi nazifasciste: colonnello Romano dalla Chiesa, mio nonno paterno. Bravo nonno!

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