Questo sito non utilizza alcun cookie di profilazione. Sono utilizzati cookie di terze parti per il monitoraggio degli accessi e la visualizzazione di video. Per saperne di più e leggere come disabilitarne l'uso, consulta l'informativa estesa sull'uso dei cookie.AccettoLeggi di più
Barba rossa e bimbi neri
Creativi della notte, Music for peace. E’ la sigla sotto la quale fa del bene un gran bel personaggio dalla testa sempre rasata di fresco come voi (maschi belli in ordine) tenete la barba; e dalla barba rossiccia curata come voi (tutti, maschi e femmine) vi curate i capelli.
Si chiama Stefano Rebora ed è genovese. Se dovessimo dar retta agli stereotipi, in realtà, dovremmo considerarlo l’antigenovese per eccellenza: generoso anziché tirchio, ottimista anziché mugugnone, aperto anziché diffidente. L’ho rivisto ieri sera alla festa dell’Unità di Genova (appunto…), verso mezzanotte, dopo avere esaurito dibattito, cena, saluti e baci a tutti gli amici che mi rendono cara quella città, discussioni varie sull’università e i conservatori, foto con il senatore Mazzarello in grembiule ai tavoli, mojito al basilico dei pimpanti diessini di Oregina, e altre amenità. Finché il giro è terminato con un limoncello al suo stand.
Stefano sta facendo l’ennesima opera buona (e anche coraggiosa): un viaggio verso il sud Sudan e il Darfour per portare generi di conforto raccolti attraverso incontri con circa 4000 studenti. Lui fa così. Viaggi nelle zone della fame o del bisogno, foto, esposizione delle foto al ritorno, incontri, sottoscrizioni, e con quelle altri viaggi. In tre, quattro o cinque, riducendo il numero se si alza il rischio. E’ un moto perpetuo, ormai conosce organizzazioni non governative in ogni angolo dell’Africa e del medio oriente. Le foto le ha fatte vedere anche a me. Abbiamo capito grazie al suo racconto (e alle foto) quanto un fresbee possa fare la felicità di cinque-dieci bambini. Erano decine e decine in un orfanotrofio quelli che attendevano educatamente in fila che venissero scaricati cibi e giocattoli giù dal camion dal nostro agente buono. Prima vedi loro in fila, poi vedi il fresbee nelle mani di piccoli e piccolissimi che toccano il cielo con un dito. E che si scatenano ridendo. Lui giura che da noi la distribuzione del fresbee non muoverebbe un decimo di quella allegria. E questo ha suscitato tra noi un po’ di riflessioni che sembrano luoghi comuni ma che hanno in sé una verità abbacinante. Da noi i bambini si divertono da vecchi perché i loro giocattoli nascono fuori dal mondo dell’infanzia. Li pensano gli adulti (la prima palla di carta me la sono pensata io), li comprano gli adulti (le biglie me le compravo io), risolvono i problemi degli adulti (mia madre impazziva e rompevo i vetri del colonnello sopra di noi). Il fresbee vola. E da noi gli spazi per farlo volare non ci sono quasi più. Forse per questo un aquilone ha fatto da mattatore in libreria. Almeno con la fantasia.
Nando
Next ArticleAntimafia. Anche se il microfono è di sinistra...