Antimafia. Anche se il microfono è di sinistra…

Scrivere di mafia. Era questo il titolo dell’incontro di ieri sera alla festa dell’Unità di Milano. Eravamo Vincenzo Consolo, scrittore generoso (in genere gli scrittori sono micragnosi, si muovono solo per i loro libri), Marco Nebbiolo della rivista “Narcomafie”, io e Livio Colombo, il giornalista che ha curato il libro di Rita Borsellino “Nata il 19 luglio”. Inizialmente doveva esserci anche Rita. Anzi, doveva essere la presentazione del suo libro. Poi aveva fatto disdire per un impegno a Lampedusa come neodeputata regionale. Ma era rimasta nel programma ufficiale. Così quando è stato annunciato che non sarebbe arrivata c’è stata un po’ di delusione. Avevo immaginato che metà delle panche spartanamente allestite per il pubblico si sarebbero svuotate. Fra l’altro il posto non era dei migliori. Era il ristorante della sinistra giovanile. Con il chiasso di fondo immaginabile tra giovani che fanno la fila per la birra o che mangiano e ridono ai tavoli. E con l’immancabile microfono di sinistra. Ossia quello che non funziona. Quello che uno deve chiedere subito “così si sente?”. Gli altri rispondono: “noooo”. Il relatore riprova: “E così?”. “Ora sì”. “Più forte!” reclama uno dal pubblico. Allora un volonteroso corre chino verso l’amplificatore e alza il volume. A quel punto il microfono si mette a fischiare da lacerare le orecchie. Dunque subentra l’esperto: “ Mettiti così, di lato, un po’ distante”. Niente da fare, quello continua a fischiare. “Riprova così”. E il povero relatore, stremato e consapevole che il fischio esploderà inesorabile nel momento topico del suo discorso, inizia. Be’, devo dare una bella, bellissima notizia. Nonostante l’organizzazione logistica, man mano tutto il ristorante si è messo ad ascoltare, un sacco di ragazzi (ragazzini, anche) sono venuti ad accovacciarsi per terra a due metri dal micidiale microfono, decine e decine di persone erano accalcate fuori dallo stand, una delle organizzatrici, conquistata dalla materia trattata, è venuta al microfono e ha chiesto a tutti i ragazzi più lontani di interrompere ogni brusio e di rimandare i baccanali e le allegrie alla fine dell’incontro. Dopo due ore il colpo d’occhio era impressionante. Un ristorante zeppo voltato verso un punto dove nessuno dei relatori poteva alzarsi in piedi (il microfono era bloccato!), un silenzio intenso, addirittura gente che prendeva appunti. E poco, davvero poco di banale in ciò che veniva detto. In quanti modi si può scrivere di mafia, perché bisogna scriverne, i condizionamenti impensati, i risultati possibili. Da Carlo Levi a Pippo Fava, dagli atti processuali più coraggiosi alla ridicola relazione dell’ultima commissione parlamentare antimafia.

Se qualcuno avesse chiesto agli organizzatori di mettere in programma una sera così nei grandi stand ufficiali, probabilmente la risposta sarebbe stata quella d’occasione: “alla gente interessa poco”. Quante volte l’ho sentito dire… E quante volte il brusio, il chiasso indistinto della comunicazione circonda chi parla o scrive di mafia…Da ieri sera sono un po’ più ottimista. Basta poco? No, basta un segno. Un segno di quelli veri. 

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