Petrolio & Politica. C’era una volta

Archeologia della politica. Modernità della politica. Chi avesse nostalgia della cosiddetta Prima Repubblica, di quando c’erano i partiti veri, di quando “c’era almeno il senso delle istituzioni” si prenda subito in mano un libro pubblicato dagli Editori Riuniti. Si chiama “Petrolio e politica”. L’ha scritto un giudice, Mario Almerighi, che negli anni settanta fu un esponente di punta dei “pretori d’assalto”. Così, per chi non lo ricorda, vennero chiamati i giovani pretori che fissarono il principio che anche i potenti dell’economia potevano essere indagati e che l’ambiente era un bene da tutelare anche attraverso l’esercizio della giustizia penale. I pretori d’assalto nacquero a Genova, dove venne scoperta una rete d’affari che portava diritta al parlamento. I partiti politici (Psiup compreso, Pci escluso) vendevano le leggi a favore dei petrolieri in cambio di soldi. I segretari amministrativi dei partiti trattavano direttamente con l’Unione petrolifera e incassavano tangenti a gogo. Favori fiscali, localizzazioni d’impianti (a Milazzo una raffineria da sola pompava tanta acqua quanta nella Sicilia assetata d’allora sarebbe bastata per una città di 50.000 abitanti), prezzi: tutto si otteneva con i soldi. Anche il silenzio su uno stoccaggio-super di petrolio nei depositi mentre la gente andava a piedi e abbassava il riscaldamento, persuasa che di petrolio non ce ne fosse per la guerra del Kippur.

Coinvolto -ma va’- Andreotti; e poi Ferrari Aggradi, Tanassi, Preti, perfino Moro. Quei magistrati, tra cui c’era anche Adriano Sansa, fecero le indagini affiancati da alcuni ufficiali della Guardia di Finanza. Subirono ogni genere di contrattacco. Sulla stampa. In parlamento, con leggi volte a espropriarli del diritto di indagare. Nei palazzi di giustizia, con avocazioni e larvate minacce. Erano anche gli anni delle indagini su Piazza Fontana e il potere sperimentava in forma scientifica le vie dell’impunità. Nemmeno trent’anni dopo la Resistenza le basi morali delle nostra democrazia si dimostravano insomma già fragili, anche se tutti i partiti (tranne il Msi, che i soldi li prendeva) si riconoscevano nell’atto di nascita della Costituzione. Il processo alle fine venne insabbiato, aggiungendo vergogna a vergogna. Ma servì a dare un tocco grottesco e comico alla vicenda attraverso le deposizioni degli imputati. Che giurarono di avere fatto questo per difendere la democrazia dal comunismo. O per difendere il mercato e…”la certezza del diritto”!

Grottesco e comico non sono finiti. Il petroliere Garrone di allora è lo stesso che si candidò nel ’92 con i repubblicani per moralizzare la politica e che oggi, da presidente della Sampdoria, ha proposto la moralizzazione del calcio. Meglio tardi che mai…

Ne abbiamo parlato venerdì sera a Genova, la città epicentro di quella vicenda, con Almerighi, Gherardo Colombo (che si sarebbe avvalso di uno di quei bravi ufficiali della Guardia di Finanza, il colonnello Bianchi, per l’inchiesta sulla P2) e Marco Travaglio. Ospite, meritoriamente, il consiglio provinciale. E’ vero che c’era lo sciopero dei giornali. Ma se si arrivava a ottanta presenti era tanto. Non chiedetemi se c’erano politici. Buona memoria a tutti. 

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