Le tessere della Margherita

E così è esploso lo scandalo delle tessere della Margherita. C’è voluta “Striscia la notizia” per raccontare di cittadini che si vedono recapitare a casa una tessera che non hanno mai chiesto. Riflettiamoci. Il segno dell’adesione più convinta a un partito politico che viene spedita a chi non ne sa niente; e in molti casi neanche vota per quel partito. Ignobile. Chi ha scelto di mandare quelle tessere a casa degli “iscritti” (non so chi abbia avuto l’idea primigenia) ha fatto comunque bene, benissimo. Perché ha fatto scoppiare il bubbone, e probabilmente proprio questo voleva. Nel mio piccolo, vedendo l’anomalia delle tessere milanesi mandate direttamente a Roma (ci si può infatti iscrivere nella propria città o direttamente alla sede nazionale), ho fatto un po’ la stessa cosa. Una bella lettera di benvenuto a tutti i nuovi iscritti. E puntualmente sono fioccate le smentite. Chi rispondeva: “ma io non mi sono mai iscritto”, “ma perché hanno messo come indirizzo quello del mio ufficio?”, e altre piacevolezze che obbligano a chiedere scusa per comportamenti altrui.

Sapete a che servono queste false tessere? Per i congressi. Che sono in arrivo. Primo caso: per portare a votare nei congressi all’ultimo momento, verso le sei di sera, dopo che i fessi hanno discusso di politica, le celebri truppe cammellate (perché, su cento falsi, si trovano venti o trenta a cui chiedere il “piacere” di passare a votare) che così decidono il destino di chi nel partito ci milita onestamente e magari ci spende tutto il suo tempo libero. Secondo caso: per fare vantaggiosi accordi di potere, vantando di avere un certo numero di tessere. E’ una tattica preventiva: tu non sai quante tessere siano false ma temi sempre che chi se ne attribuisce diecimila faccia valere la sua volontà nel congresso. E ti difendi come puoi dall’emarginazione. Magari l’altro bluffa e ha solo copiato le generalità degli “iscritti” da qualche elenco referendario o, perché no?, da un tabulato delle primarie.

E i soldi? Già, si dirà: ma le tessere non costano? Certo che costano: trenta euro. E questa è la vera questione. Perché chi fa le false tessere, ottenendo fraudolentemente i dati personali, le paga tutte lui. Ci investe patrimoni; se sei ricco, tiri fuori i soldi e così, oplà, comandi in un partito. Gli dai la scalata a botte di migliaia di euro, alla faccia delle capacità e dei meriti politici…Dai numeri si potrebbe perfino pensare che qualcuno abbia in giro dei fondi speciali…Insomma, diventa come scalare una società comprando le sue azioni. Ma non siamo noi a dire che rifiutiamo l’idea berlusconiana del partito-azienda?

Tutto questo è indegno. Però vedendo “Striscia la notizia” ho provato il senso sottile della rivincita. Sì, perché la Margherita di Milano era diventata lo zimbello nelle riunioni nazionali di partito. Sempre indicata a dito per il basso numero delle tessere. Ma come si fa?, dicevano ridendo. Be’, avevamo messo dei controlli rigorosi (per questo poi le hanno mandate direttamente a Roma…). Erano e sono tessere pulite. Aumentabili, certo. Ma voi di questi tempi ci riuscireste, in una città dove la politica ha sempre contato poco,  a convincere diecimila cittadini a iscriversi a un partito? Ora bisogna trarre tutte le conseguenze dello scandalo. Io i congressi con i falsari non li faccio.

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