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Ponzio Pilato alla Banca d’Italia
Alcune delle sue conclusioni tecniche non hanno fatto piacere alla Fininvest e forse ne hanno appannato, diciamo così, l’immagine davanti all’opinione pubblica con la forza dei fatti ricostruiti, benché l’inchiesta per riciclaggio a carico di B. e di Dell’Utri sia stata archiviata. Così la Fininvest ha citato in giudizio in sede civile (la più onerosa) il funzionario. Che ovviamente, essendo integerrimo, e non avendo dunque l’abitudine di intascare i fuori-busta, non ha i mezzi per difendersi efficacemente in proprio.
Dice: e la Banca d’Italia? Appunto. E’ quello che chiede Travaglio: che fa la Banca d’Italia? Assiste in giudizio il proprio funzionario, se non altro per avere tenuto alto il prestigio dell’istituzione negli anni in cui il suo governatore lo affondava? No, la Banca d’Italia, come d’uso – fa sapere -, rifonderà il dottor Giuffrida delle spese sostenute solo se egli uscirà vincente dal processo. Ma fino allora si arrangi. Risposta burocratica e anche ponziopilatesca, se è permesso. Perché ognuno capisce la portata etica, deontologica della questione. Quale funzionario farà più il suo lavoro di analista, di tecnico, in modo indipendente (e dunque al servizio delle istituzioni) se il primo potente potrà trascinarlo in tribunale e metterlo davanti alla minaccia della sanzione giudiziaria o, in alternativa, del dissanguamento economico per difendersi? No, cari dirigenti della Banca d’Italia. Nascondersi dietro le prassi burocratiche non vale. Giuffrida non è accusato di malversazione o di rivelazione di segreti d’ufficio. E nemmeno di aggiotaggio o di concussione. Non assisterlo nel processo significa una cosa sola, chiara e papale: lasciarlo solo, abbandonarlo al suo destino. E, in pratica, consentire che si colpisca uno per educarne cento. Bella istituzione di garanzia.
Nando
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