Ponzio Pilato alla Banca d’Italia

Io credo che abbia ragione Marco Travaglio. Che abbia cento volte ragione nella sua polemica con la Banca d’Italia. La quale non intende assistere il dottor Francesco Giuffrida nella causa intentatagli dalla Fininvest. Chi è Francesco Giuffrida? E’ il vicedirettore della sede di Palermo della Banca d’Italia. Ma soprattutto è il funzionario integerrimo (e competente) che dalla stessa Banca d’Italia è stato incaricato di affiancare tecnicamente la Procura di Palermo nella ricostruzione del processo di accumulazione originaria di Silvio Berlusconi. E’ giusto dirlo: gran parte di quello che sappiamo sui movimenti di denaro che hanno dato luogo alle prime grandi fortune di B. ce lo ha raccontato questo oscuro funzionario. Che si è applicato con senso del dovere e indipendenza di giudizio all’analisi di montagne di documenti. Rovistando nelle holding e nelle scatole cinesi allestite per rendere impenetrabili i segreti di quell’accumulazione, passata per un carosello di prestanomi incredibili, dalle anziane signore alle finanziarie svizzere. E che ogni tanto, nonostante la sua tenacia, si è dovuto arrendere di fronte ai buchi neri del sistema finanziario cresciuto insieme all’ascesa di B.

Alcune delle sue conclusioni tecniche non hanno fatto piacere alla Fininvest e forse ne hanno appannato, diciamo così, l’immagine davanti all’opinione pubblica con la forza dei fatti ricostruiti, benché l’inchiesta per riciclaggio a carico di B. e di Dell’Utri sia stata archiviata. Così la Fininvest ha citato in giudizio in sede civile (la più onerosa) il funzionario. Che ovviamente, essendo integerrimo, e non avendo dunque l’abitudine di intascare i fuori-busta, non ha i mezzi per difendersi efficacemente in proprio.

Dice: e la Banca d’Italia? Appunto. E’ quello che chiede Travaglio: che fa la Banca d’Italia? Assiste in giudizio il proprio funzionario, se non altro per avere tenuto alto il prestigio dell’istituzione negli anni in cui il suo governatore lo affondava? No, la Banca d’Italia, come d’uso – fa sapere -, rifonderà il dottor Giuffrida delle spese sostenute solo se egli uscirà vincente dal processo. Ma fino allora si arrangi. Risposta burocratica e anche ponziopilatesca, se è permesso. Perché ognuno capisce la portata etica, deontologica della questione. Quale funzionario farà più il suo lavoro di analista, di tecnico, in modo indipendente (e dunque al servizio delle istituzioni) se il primo potente potrà trascinarlo in tribunale e metterlo davanti alla minaccia della sanzione giudiziaria o, in alternativa, del dissanguamento economico per difendersi? No, cari dirigenti della Banca d’Italia. Nascondersi dietro le prassi burocratiche non vale. Giuffrida non è accusato di malversazione o di rivelazione di segreti d’ufficio. E nemmeno di aggiotaggio o di concussione. Non assisterlo nel processo significa una cosa sola, chiara e papale: lasciarlo solo, abbandonarlo al suo destino. E, in pratica, consentire che si colpisca uno per educarne cento. Bella istituzione di garanzia.

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