Battesimi. I fotografi dalla vista corta

Santificare le feste. Oggi pomeriggio (inteso come domenica) sono andato al battesimo del secondo figlio di Laura. Laura oggi è una giovane signora, ma molti anni fa era una ragazzina, studentessa universitaria, che frequentava tutti i dibattiti sulla mafia. Una di quelle presenze che ogni volta ti davano la sensazione di fare qualcosa per qualcuno. E siccome cerco di praticare il principio che non ci si debba dimenticare del bene che si riceve (nemmeno del male, devo dire, anche se lo si può perdonare), ho voluto esserle vicino. Ricordo quando mi telefonò per dirmi felice che stava aspettando il primo figlio. Stavo vedendo l’Inter in televisione e incominciai a imprecare, chi diavolo chiama proprio ora? Era lei con la voce sulle nuvole e mi vergognai molto. Dunque oggi sono andato. Chiesa di Santo Stefano Protomartire, a Sesto San Giovanni.

Bello, devo dire. Nonostante i fotografi e i cineoperatori. Che in queste occasioni ci sono sempre. Che rendono pagano che più pagano non si può un evento che dovrebbe essere spirituale. Il celebrante aveva detto con molta pazienza: mi raccomando, è una cerimonia religiosa, d’altronde siete qui per questo, siate discreti, il più discreti possibile, non salite sull’altare. E io, memore di altre baldorie irriguardose in comunioni e cresime, mi son detto: ma guarda che bravo, in effetti basta dirle le cose, basta ricordare le regole e la gente si adegua. Il nostro problema, ho continuato a pensare, è che le regole nessuno le fa più ricordare. Errore. Hanno continuato come niente fosse. Forse se gli avessero detto che gli portavano via la macchina avrebbero smesso. Diciamolo: ci vuole la punizione. Certo c’è da chiedersi perché abbiamo bisogno di fissare tutto in immagini, ogni secondo, come se la coppia meravigliosa vista-memoria non valesse più niente. In fondo la foto si fa (si faceva) soprattutto per chi non c’era, per comunicargli ciò che si era visto. Ma qui noi vediamo. E meno pensiamo a fotografare più vediamo.

Io dunque ho notato che tra i battezzati non c’era alcun nome da fotoromanzo (Luca quello di Laura) e questo mi ha rallegrato assai. Ho notato che i bimbi avevano capelli radi ma anche capelli ricci robusti. Che alcuni erano diafani e altri avevano già un fisicaccio da atleti. Ho visto un nonno entrato faticosamente e con passo malcerto tra le panche salutare un bimbo messo nelle postazioni da battesimo. E il bimbo lo ricambiava con un gesto della manina. Una scena meravigliosa. Non so se gli estremi della vita si tocchino, come si dice. So però che si lasciano troppo presto. Ho notato ancora, quando i genitori si sono schierati sull’altare, che esistono ancora padri e madri ragazzi ed è bellissimo vederli. Non so se io lo ero, quando sono diventato padre la prima volta a ventott’anni. Certo non mi ci sentivo. Altri lo avranno pensato. Quando sono tornato a casa in metropolitana ho incontrato un anziano e colto signore calabrese che conosco da tempo. Era andato a Sesto (pensa te…) per lasciarci la macchina, perché lì i parcheggi costano un terzo che a Milano. Strategia di sopravvivenza. Sempre per la strategia del risparmio, aveva una busta stracarica di libri (in testa ho scorto “L’uomo a una dimensione" di Marcuse, gliel’avrei preso, ho scoperto che in casa non ce l’ho…). Aveva comprato un malloppo di libri a Trento  per 50 centesimi o un euro a testa. Eccedenze di biblioteche o librerie, non ho capito. So che a Milano qualche mese fa, dietro piazza Duomo, li vendevano, i libri degli anni sessanta, come modernariato. Quaranta, anche settanta euro l’uno. Capito come cambia il costo della vita?  

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