Il governo non dimentica la “Grande Brera”. Il tempo sarà galantuomo

(Il Giorno, 23 ottobre 2006) – Ma è vero che il governo non vuole più dare a Milano i soldi per realizzare “la grande Brera”? Come si sa, esiste il progetto di trasferire parte della Accademia di Brera nella nuova area universitaria della Bovisa per consentire alla Pinacoteca di raddoppiare i propri spazi. L’accordo venne firmato nel 2004 dai ministri Moratti e Urbani con il comune di Milano. Elogi per tutti e annunci di radioso futuro. Finché una recente lettera della direzione generale competente del Ministero dell’Università ha dato il via all’accusa di volere fare carta straccia di quell’accordo. Le cose stanno in un altro modo, e l’ho personalmente spiegato al professor Zecchi e al dottor Brion, rispettivamente presidente e vicepresidente dell’Accademia. Il disegno generale che ha ispirato quell’accordo è infatti fondamentalmente condiviso dall’attuale governo.


E’ interesse di tutti valorizzare al massimo la Pinacoteca. E mantenere in Brera il nucleo storico dell’Accademia (pittura e scultura) per portare le discipline più legate alle nuove tecnologie in uno spazio dove sorgono anche facoltà di architettura e di design, è coerente con la strategia di creare in tutta Italia una pluralità di poli artistici e culturali, per valorizzare al massimo le sinergie tra settori formativi e di ricerca affini.

Il problema è un altro. Ed è l’esosità del canone annuo pattuito, due milioni circa di euro all’anno, che è canone da libero mercato immobiliare. Posto a carico del sistema delle Accademie, al quale – proprio l’anno dopo avere contratto questo impegno – il ministro Moratti ha peraltro tagliato in finanziaria il 37 per cento (37 per cento!) dei fondi. Canone che il Ministero dovrebbe iniziare a pagare pur senza avere ancora a disposizione la sede per alcuni anni, visto che l’opera è ancora di là da realizzare (domanda: quale cittadino pagherebbe l’affitto per una casa che non c’è ancora?). Si tratta di un’incongruenza che la stessa Avvocatura dello Stato ha rilevato senza mezzi termini in un parere del quale la pubblica amministrazione non può non tenere conto.

Si tratta dunque – si può dire “semplicemente”? – di fare l’uso più scrupoloso dei soldi del contribuente. E di pensare al futuro di Milano avendo anche questa attenzione, tanto più doverosa in un momento di tagli e in cui massima è la richiesta dell’opinione pubblica di evitare ogni forma di spreco. Ecco perciò che pur di realizzare il disegno, si sta pensando semmai di andare a una trattativa che metta in condizione il Ministero di comprare, attraverso un mutuo, la nuova sede. Soluzione più economica e più decente, visto che l’Agenzia del Territorio ha stimato in 26 milioni di euro il valore complessivo dell’opera. Naturalmente, aggiungo, se è possibile ragionare seriamente su questa ipotesi è solo perché la nuova Finanziaria ha ridato alle Accademie e ai Conservatori le risorse che erano state loro così drasticamente e improvvisamente tagliate.

Nessun abbandono del progetto, dunque. E Milano più che mai al centro dell’attenzione: destinataria di ogni sforzo finanziario e organizzativo da parte del Ministero, si tratti dell’alta formazione artistica o dei nuovi posti letto per gli studenti fuori sede. Il tempo sarà galantuomo.

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