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Al cittadino non far sapere
(l’Unità, 24 ottobre 2006) – Tema: il “Corriere” e la Disinformatia. Svolgimento: non so se abbia esagerato Romano Prodi a parlare di un trattamento prevenuto verso il suo governo da parte della stampa italiana, ma vorrei raccontare che cosa – con certezza – è accaduto a me in ventiquattro ore nella mia qualità di sottosegretario all’Università. Teatro, Milano. Oggetto principale della vicenda, la cosiddetta “Grande Brera”. Con questo termine si indica il progetto di ampliamento degli spazi della Pinacoteca di Brera, attraverso lo spostamento di una parte della Accademia nell’area del nuovo polo universitario della Bovisa. Molto in breve: scultura e pittura resterebbero nella sede storica dell’Accademia; le discipline più legate alle nuove tecnologie andrebbero nella nuova sede della Bovisa; la Pinacoteca acquisterebbe dimensioni più consone al suo prestigio, con arricchimento della sua offerta. L’accordo venne firmato nel 2004 con il comune di Milano dagli allora ministri Moratti (Istruzione e Università, competente per le accademie) e Urbani (Beni Culturali). L’idea è suggestiva e ha una sua funzionalità. Corrisponde alla strategia attuale dei Beni Culturali. E corrisponde pure alla strategia attuale dell’Università, che sta ridisegnando l’Italia per poli di vocazioni artistiche e musicali in cui valorizzare tutte le sinergie possibili (la nuova sede sarebbe infatti vicina alle nuove facoltà del Politecnico di Architettura e Design).
C’è un solo problema: le condizioni dell’accordo firmato allora dai due ministri. Che impongono all’Accademia un canone di affitto annuo altissimo, da libero mercato immobiliare. Due milioni di euro circa. Da incominciare a versare da subito. Anno per anno. Anche se la sede non esiste.
Anche se non ci sarà per un po’ di anni, il tempo di farla. Ora, quale cittadino ha mai pagato l’affitto di una casa che non esiste, senza nemmeno sapere se avrà una stalla o una reggia? Per questo quando il direttore generale competente del Ministero ha ricevuto nelle scorse settimane la sollecitazione a iniziare a corrispondere all’Accademia l’equivalente del canone, ha preso prudentemente tempo; e ha scritto una lettera per spiegare che i soldi per onorare quell’accordo non ci sono, molto spiacenti.
Dopo quella lettera ho incontrato il professor Zecchi e il dottor Brion, rispettivamente presidente e vicepresidente dell’Accademia. I quali mi hanno illustrato le linee di fondo del progetto. E ai quali ho spiegato che il progetto ci piace. Che è coerente con la visione d’insieme con cui ci stiamo muovendo. Ma che il canone è davvero esoso. Che con l’equivalente di quel canone di affitto annuo, , noi ci avviamo a comprare, sia pure con il sostegno degli enti locali, la nuova sede dell’Accademia di Firenze (certo, più piccola, ma sempre in una città dove le aree costano). Che però, proprio perché il progetto ci interessa, studieremo il modo per andare a una nuova trattativa. Obiettivo: comprare la nuova sede alla Bovisa. Visto che l’Agenzia del Territorio ha stimato il valore complessivo dell’opera in ventisei milioni, l’esborso sarebbe il corrispettivo di tredici anni di affitto. Basta un buon mutuo per realizzare l’impresa. O non è sempre stato considerato uno scandalo che scuole, università ed enti pubblici paghino affitti stratosferici a privati invece di comprarsi gli edifici al loro valore di mercato?
Bene. Giovedì scorso il Corriere lancia così la vicenda, dedicandole una pagina intera: “Il governo: niente fondi. Salta la Grande Brera”. Nell’occhiello si dice che i fondi necessari sarebbero due milioni di euro. Come se quella fosse -in totale- la somma richiesta dall’accordo. Il servizio riporta anche (lungo tutta la pagina) due mie frasi in rappresentanza del governo. Una di esse, quella in cui si dichiara l’intenzione del Ministero di verificare le condizioni di acquisto, dice (testualmente): “Non intendiamo fare carta straccia dell’accordo”. Ma il messaggio dato al lettore è il contrario esatto; ossia che si farà carta straccia, che salterà tutto. Milano è giustamente sensibile alle sorti della sua Pinacoteca. Il titolo, le dichiarazioni del centrodestra e il commento di appoggio danno alla pagina un unico sapore: la denuncia dell’assenteismo del governo verso Milano; viene evocata la questione settentrionale; si chiama in causa la frase di Rutelli sulla Malpensa. Insomma, il governo Prodi nemico di Milano. Altro che “tavolo per Milano”!
Ora, la cosa curiosa è chela Moratti firmò con bello stile un accordo che gettava un onere pesante sul sistema delle accademie e l’anno dopo tagliò (da ministro competente) le risorse di accademie e conservatori del 37 per cento, portando alla canna del gas anche l’ordinaria amministrazione. Dare dunque la colpa al governo attuale di una carenza di fondi è davvero da impuniti. Ma il bello è che se oggi possiamo ragionevolmente ragionare di un acquisto (con mutuo, ripeto) è proprio perché questa finanziaria restituisce alle accademie e ai conservatori le loro risorse e dà loro anche qualcosa in più (questo lo diremo, vero?). Ho chiesto al Corriere il diritto di replica come governo. Non l’ho avuta perché, avendo già pubblicato due mie frasi in tutta la pagina, “manca la notizia”. Insomma, hai già parlato.
Che ne dite a questo punto di come viene ammannita l’informazione ai lettori milanesi? E che ne dite del fatto che mentre piovono da ogni parte gli inviti a non fare sprechi e a tagliare la spesa pubblica improduttiva, mentre si chiede a tanti cittadini di rinunciare a qualcosa perché non ci sono soldi, che ne dite, chiedevo, che un ministero venga esortato nel nome di Milano e della questione settentrionale a pagare un canone di due milioni di euro di affitto all’anno per un prato incolto? A spendere, per affittare un prato incolto, quel che basta a costruire una bella scuola elementare o due asili?
Ma c’è di più. Nello stesso giorno in cui si confezionava la “notizia” dello stop alla Grande Brera offrivo allo stesso Corriere un’altra notizia per Milano. Ossia l’intenzione del governo di aumentare di circa il 25 per cento nella legislatura il numero dei posti letto per gli studenti universitari milanesi. E mi offrivo di dare numeri e grafici predisposti in vista di un convegno regionale sull’argomento. Un’analisi realistica del fabbisogno, della distribuzione dei posti letto tra offerta pubblica e offerta privata, l’impatto che ci aspettiamo dal nuovo bando per progetti di edilizia residenziale universitaria, che sarà pronto entro tre mesi. Il 25 per cento in più non è poco, anche perché, pur nelle carenze, Milano conta già all’incirca su quasi un sesto dei posti letto nazionali. Ma è un investimento coerente con la specificità della città: con la mobilità territoriale degli studenti milanesi e con l’esigenza di aiutare i processi di internazionalizzazione del sistema universitario. Materia viva, che incide sulle condizioni di vita di millecinquecento-duemila studenti l’anno. Voi credete che sia uscito un rigo? La cosa non interessa (“la notizia non c’è”, per restare in gergo).
Morale. La notizia cattiva falsa sul governo ha trovato una pagina (senza diritto di replica). La notizia buona vera sul governo (e buona soprattutto per Milano) non l’ha saputa nessuno. Io non so se Romano Prodi abbia esagerato. Però…
admin
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