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Sergio Zavoli e i suoi aspiranti nipoti in cronaca
Sempre a proposito di giornalisti, questa ve le devo raccontare. Fatto numero 1, ovvero termine di confronto per il fatto numero 2 che arriverà dopo. Qualche giorno fa parlo con il giovane cronista di un grande quotidiano milanese. Ha appena scritto (correttamente) qualche mia dichiarazione in un servizio che è comunque un torto macroscopico alla verità dei fatti. A nome del suo capocronista mi sta comunicando che non ho il diritto di replica. A un certo punto mi dice: diamoci del tu, ho ventotto anni e mi sento un po’ imbarazzato a sentirmi dare del lei. Ora, io pure ricordo che avevo qualche imbarazzo a sentirmi dare del lei dall’assistente che mi seguiva durante la tesi di laurea. E ricordo che gli chiesi di darmi per favore del tu. Non gli dissi però“diamoci del tu”, né mi sarebbe mai passato per la testa. E aveva sei-sette anni più di me. Non aveva il doppio dei miei anni (come nel mio caso con il cronista). Ma qui ormai, specie sotto l’esemplare cultura di qualche capocronista, è cresciuta una covata di giornalisti che si sente in diritto di darsi del tu con tutti. Anche se ti ha parlato una volta nella vita, anche se non ti ha mai visto in faccia, anche se sei membro del governo che gli parla in quanto membro del governo. Un senso di intimità, di superiorità, in fondo, che nasce da una loro convinzione autoreferenziale. Che è bene (nell’interesse di tutti) non incoraggiare.
E ora il fatto numero 2. Come molti sapranno, Sergio Zavoli, il grande giornalista televisivo, è senatore. Bene, ieri l’ho riincontrato in commissione Istruzione al Senato, dov’ero andato a rappresentare il governo per discutere un provvedimento di legge. A un certo punto Zavoli si è alzato e mi ha portato un foglietto con la richiesta di presenziare domenica a Rimini a un importante convegno scientifico (notare: mi ha scritto un biglietto; non è venuto a dirmelo a un orecchio; e questo per lo scrupolo di non distrarmi mentre altri parlavano). Dopo cinque minuti mi sono alzato e sono andato verso il suo banco per dargli una risposta. Quando gli sono stato vicino, con mio imbarazzo, si è alzato in piedi. Poi ho capito perché: perché ai suoi occhi (ci conosciamo da tempo) rappresentavo il governo. Be’, sarò sincero: non ho potuto non pensare al “diamoci del tu” di qualche giorno prima. Sergio Zavoli (dico: Sergio Zavoli) in piedi e la pretesa di intimità (probabilmente in buona fede) dell’altro. Ecco la differenza tra il grande giornalista e il giornalista in erba. Davvero i grandi personaggi si riconoscono anche dal rispetto e dall’educazione istituzionale. Ossia: agiscono così non “nonostante siano grandi”, ma “proprio perché” sono grandi. Ma questo nelle scuole di giornalismo (e nelle altre) non si insegna.
Nando
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