Ricordatevi di Penelope

Non ne sapevo nemmeno l’esistenza. E mi è sembrato grave. E per questo ve ne parlo, perché il massimo numero possibile di persone sappia che esiste. Si chiama “Penelope”. Ed è l’associazione che riunisce da qualche anno i familiari delle persone scomparse (da qui il nome: a indicare l’attesa di chi non torna, ma si spera che possa tornare). Sapete quante sono le persone che scompaiono ogni anno in Italia? Più di 4.500. Una cifra pazzesca, che secondo me sfugge anche ai lettori più attenti dei giornali. Di queste 4.500, circa tremila sono minori. Ho incontrato i membri di Penelope in un convegno organizzato da Elisa Pozza Tasca a Roma, a sostegno di una proposta di legge che ha tra i suoi promotori Rosa Calipari. Raramente ho visto visi così segnati, così irreversibilmente dolenti, messi tutti in fila. Oserei dire che neanche i familiari di vittime del terrorismo o della mafia portano nelle loro espressioni un’esperienza tanto lacerante.

Hanno raccontato una cosa che deve fare riflettere: che al momento della denuncia non vengono creduti o aiutati, che spesso nei comandi delle forze dell’ordine a cui si rivolgono li guardano infastiditi. Esattamente come un medico può guardare quelli che vanno al pronto soccorso per un raffreddore. Che proprio quelli che dovrebbero darsi subito da fare pensano che dietro la scomparsa ci sia, in realtà, la solita ragazzata o il colpo di testa. Da qui l’inerzia di qualche giorno, in attesa che si possa davvero parlare di “scomparsa”. Mentre invece il primo giorno è quello decisivo per le indagini. Ho ascoltato il racconto di due genitori che invano hanno chiesto di scandagliare il lago di Como e che dopo molto tempo hanno ottenuto che lo facessero finalmente dei volontari, per ritrovare la loro figlia in fondo al lago a poca distanza da casa.

Ci sono evidentemente problemi che vogliamo rimuovere, che non “bucano” l’informazione, che identifichiamo – al più – con qualche puntata di “Chi l’ha visto?”. Ma 4.500 persone all’anno che scompaiono, anche a farci lo sconto di qualche vera fuga consapevole, sono un’enormità. A me una richiesta: che gli agenti di polizia che vengono impiegati in questi casi si formino con appositi corsi di psicologia presso un’università. Tutti i familiari presenti hanno fatto cenno di sì con la testa, per fare capire che ce n’è bisogno davvero.

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