2 novembre. Più festa di prima

Non so chi abbia deciso di sopprimere la festa del 2 novembre. Chi abbia scelto di trasformare questa data in un giorno feriale come gli altri. Chiunque sia, ha fatto un torto a noi e a qualcosa che sta dentro di noi. Una giornata che ci fa tornare alle nostre radici affettive, che ci porta a porci in modo finalmente serio le grandi domande esistenziali (chi siamo, da dove veniamo, che cosa abbiamo combinato nella vita), a colloquiare idealmente con i nostri cari o a ripensare ad amici sparsi nel tempo, dovrebbe essere giorno di festa. Di riflessione. Malinconica, dolce; perfino allegra, dipende. Ma riflessione. Perché questa data ha – anche sul piano religioso – un valore maggiore della festa di tutti i santi, che non ci arricchisce di una virgola. Costringerci a celebrare il 2 novembre in un altro giorno è stata, in fondo, una piccola violenza.

In ho usato l’1. Sono andato al cimitero di Parma. Chissà perché temevo di finire in un’atmosfera pagana, ossia in una ressa priva di spiritualità. Invece ho scoperto, sarà stato il sole con la brezza, non so, che era in corso una festa bellissima. Sono abituato a trovare per lo più persone anziane e vecchie, a vedere superfici nude e grigie. Oggi c’era una marea di giovani, c’erano bambini, a grappoli entravano persone con fiori di ogni colore. Si respirava un’atmosfera gioiosa e raccolta. La gente non prende più i crisantemi, mi diceva la fioraia. E si vede. Era tutto un moltiplicarsi di colori, vivaci, contrastanti, come se una comunità andasse a trovarne un’altra. Sono segni, questi; piccoli segni incoraggianti. Sappiamo ricordare, sappiamo abituare i più piccoli al ricordo. Vuol dire che ce l’abbiamo questa capacità, non ci è stata ancora tolta. A Parma poi hanno deciso che tutti i bambini che non ci sono più dovessero avere un fiore dal Comune e mi è sembrato un gesto tenero, di grande civiltà.

Mi sono ritrovato sull’autobus per il cimitero con mia sorella Simona, lei che arrivava da Roma, io da Milano (sì, ho un’altra sorella che si chiama Simona, bravissima, che pochi conoscono solo perché ha il torto di non andare in tivù e di avere la residenza a Catanzaro, anche se è stata deputata per due legislature nei Ds). Mentre io saldavo il conto dal fioraio, lei era dentro. E ha sentito un gruppetto di giovani signore con dei ragazzini al seguito chiedere dove fosse la tomba del generale dalla Chiesa. Si è fermata, glielo ha spiegato, le ha ringraziate e ha chiesto come mai la cercassero. Le giovani signore hanno risposto che i loro figli stanno seguendo a scuola un progetto di educazione alla legalità e che quindi oggi (che è il primo novembre, domani c’è scuola…) hanno trovato giusto portare i fiori al generale. Ma proviamo a pensarci. Benedetti questi insegnanti (sono decine di migliaia…), che producono questa sensibilità civile, umana, e che non saranno mai ringraziati abbastanza. E vadano a quel paese gli insegnanti fannulloni che rovinano la credibilità di una categoria benemerita. In ultimo: mentre Simona usciva dal cimitero ha sentito un fiatone correre dietro di sé. Era uno dei ragazzini. Le ha chiesto: signora, ci dà il suo numero di telefono, così lo diamo alla professoressa?

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