Salerno e Genova. Dove valgono i talenti

E veniamo (vedi il post precedente) al secondo interesse principale di questi giorni: i Conservatori, sempre con la “o” larga. Mi chiede (in un commento) Siani perché parli tanto di musica e non di nanotecnologie. Domanda non peregrina, alla quale rispondo così: perché sui Conservatori ho la delega, sulla ricerca no. Sin dall’inizio Mussi mi ha dato il mandato di valorizzare tutta l’alta formazione artistica e musicale, di tirarla fuori dallo stato di precarietà in cui versa, di farne un’altra cosa rispetto a ciò che abbiamo trovato. E io ci sto provando con passione, senza tralasciare gli altri momenti e compiti istituzionali (domani vado a Parigi per un trattato che riguarda la fusione termonucleare). Il festival dei Conservatori nasce anche da questa ambizione. E ora relaziono sui suoi inizi. A Salerno è stato un trionfo. Il bellissimo teatro Verdi strapieno. Il conservatorio locale si è espresso al massimo, la città ha vissuto la decisione di far partire il festival da Salerno come una forma di promozione “sociale” da parte del governo e ha risposto di conseguenza. Si è discusso anche della possibile funzione civile della musica, specie nel sud. Si è ripreso l’esempio venezuelano. E per (grande) risposta il sindaco De Luca si è impegnato a fornire al conservatorio un nuovo spazio per la specializzazione nel jazz. Un’università del jazz, ha detto. E a ragione, perché a Salerno la qualità del jazz è veramente alta. Tutto questo conferma che l’attenzione del governo non è mai (quasi mai, come dirò) inutile. Perché appena si capisce di avere in città qualcosa di importante, lo si sostiene di più. Per questo ho deciso di andare, al di fuori del festival, in città come Caltanissetta e Trapani. Per questo e per il sud, dove il festival fermerà a Catania (ah, distratto Russologu…). In ogni caso giovedì sera si sono avute esibizioni stupende (violino, piano, danza).

Esibizioni stupende anche ieri sera a Genova, dove la sezione di violino e violoncello del festival è stata vinta da un giovane di Como, ma dove è stato arduo capire chi fosse più bravo, e ha letteralmente incantato una bambina di dodici anni, una ragazzina russa che suona il violino come una dea. Genova, ahimé. A Genova la gente era poca, neanche i ragazzi o i professori del Conservatorio..E sì che la città ha un ottima scuola con ottima direttrice (averne..) ed è stata prescelta dal ministero per realizzare uno dei famosi ponti sul Mediterraneo (tra i quali non rientra quello di Messina). Solo che qui l’importanza della scelta del governo non ha prodotto proprio alcun effetto moltiplicatore. Anzi…Oh, ci saranno stati problemi di comunicazione o logistici, ma il guaio è che a Genova ti dicono sempre che “non se ne sapeva niente”. Dovendomi esprimere in libertà, Genova mi sembra una città inutilmente di sinistra. Dove al voto “partecipativo e di progresso” in politica non corrispondono atteggiamenti paralleli nell’arte e nella musica, nella letteratura e nel confronto civile. Lo dico con gratitudine, perché questo è stato per cinque anni il mio collegio elettorale. Ma è un fatto che le cose politiche riescono, il teatro d’abitudine pure, il resto si salvi chi può. Non sarà che questa cultura “partecipativa e di progresso” è cresciuta prevalentemente a ridosso dell’industria di Stato, insomma in modo un po’ protetto, assistito e ancora senza ricambio? Una città marinara dovrebbe essere curiosa, no? Boh, ubbie da sociologo in crisi di astinenza per i figli assenti. Passo e chiudo.

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