Cose buone dal mondo 2/ Angelo Del Boca e altro

Ieri sono stato a Omegna, città del Cusio sul lago d’Orta. Città famosa per le macchinette da caffè. Città con forti radici resistenziali, e fior di leggende sulla sua classe operaia. Veniva assegnato un premio letterario: della Resistenza, appunto, vinto in passato anche da Sartre, da Fanon o da Panagulis. Io in realtà ci sono andato per ricordare Marziano Guglielminetti, grande storico della letteratura italiana scomparso neanche tre mesi fa e che ha donato a Omegna la sua biblioteca. Che c’entro io con la letteratura italiana? Praticamente niente. Ma a chiedermi di andare a fare la commemorazione era stata Chiara Acciarini, moglie di Guglielminetti e oggi sottosegretaria alla Famiglia. E Chiara è mia amica. Seria, sincera, amante della scuola, combattiva nella scorsa legislatura come poche, in quel Senato per la prima volta più irriducibile della Camera. Celebre la sua imitazione della Moratti, l’antologia “dal vero” che ne aveva realizzato per il nostro teatro civile.

Mi è sembrato giusto onorare una coppia di persone impegnate per decenni nella Torino della grande immigrazione e poi del terrorismo rosso (Guglielminetti fu anche assessore della giunta Novelli).

Con l’occasione ho visto però altre cose belle. Primo: ho conosciuto Angelo Del Boca, vincitore del premio con il suo “Italiani, brava gente?” edito da Laterza. Del Boca è una persona solare. Ex partigiano, giornalista e poi studioso del nostro colonialismo, ha smentito nel suo libro il luogo comune di un popolo (il nostro) per temperamento buono anche con gli oppressi e i conquistati. Ha raccontato soavemente le atrocità commesse in Africa nel teatro pieno di studenti delle medie superiori, mentre una signora se lo guardava come un’innamorata dalla seconda fila (sua moglie, ho scoperto). Poi a tu per tu mi ha detto di avere subito l’esproprio della rivista piacentina che aveva fondato sulla Resistenza, perché c’è sempre qualcuno che dice che si potrebbe fare meglio (infatti la rivista ha chiuso). E mi ha confessato il suo debole: di misurare le persone a partire dal loro rapporto con il denaro. Mi ha demolito qualche mito letterario raccontandomi senza rancori dell’avidità di soldi che serpeggia anche lì dove si coltivano le vette dell’arte (non vi faccio nomi, non so se mi autorizzerebbe). Consiglio: invitate questo signore di 82 anni che gira ancora con generosità per l’Italia.

Seconda altra cosa bella. Il modo con cui gli studenti ascoltavano a teatro. Solo cinque o sei dormivano visibilmente, una decina chiacchieravano, tutti gli altri stavano attenti. Conosco le scuole e so quanto sia difficile allevare i ragazzi al piacere dell’ascolto. Quando poi mi hanno detto che c’erano molti ragazzi dell’istituto professionale mi sono addirittura stupito. Lo so che quando si entra in quelle scuole bisogna trasformarsi in domatori. Lì c’è la dispersione più alta, il 40 per cento circa lascia entro il secondo anno. Grandi insegnanti dietro, non c’è dubbio. E forse la cultura della provincia piemontese. Quando poi ho saputo che il professionale in questione era il “Carlo Alberto dalla Chiesa”, che ci volete fare, un po’ mi sono commosso. E l’ho visitato. Meccanici, elettricisti, moda. Scuola allegra e piena di progetti, con disegni e bozzetti di moda ovunque. E una prof di Taranto che si dava da fare a mostrare il lavoro di ragazzi e ragazze, i suoi gioielli. Viva l’Italia, l’Italia tutta intera.  

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