Rumeni sul filobus

Li ho visti salire ieri mattina (ora sono quasi le due di notte) sul filobus, linea 91, mentre andavo a discutere dell’Italia “Fabbrica di arte” alla Nuova accademia di Belle arti di Milano. Sono saliti all’altezza del Boccone del povero, vicino alla Bocconi (lo so, la contiguità fisica dei due istituti con quei nomi uguali e contrari evoca mille pensieri). Sembravano rumeni, e lo erano. Uno dei due si è accomodato su un sedile dopo essersi guardato in giro. Hanno iniziato a parlare nella loro lingua. Alla fermata successiva è salita con fatica una signora anziana. Cercava di tirar su una borsa della spesa grande come la metà di lei, e, come non bastasse, pure un carrello pieno di acquisti. Non ce la faceva, alcuni tram a Milano sono fatti per respingere anche chi ha il minimo handicap. Incredibilmente nessuno dei passeggeri vicini alla salita muoveva un dito. La porta si stava richiudendo sulla signora e allora uno dei due ha fatto uno scatto e ha tirato su la signora con i suoi borsoni ripieni. Poi ha lanciato uno sguardo all’amico facendo il gesto con il mento di: “alzati, falla sedere, vedi che è anziana?”. L’altro non se l’è fatto ripetere, anzi si stava già alzando per i fatti suoi, e la signora s’è accomodata senza diffondersi troppo in ringraziamenti.

Li ho guardati incantato. Chissà se erano clandestini. Se non avevano pagato il biglietto, come spesso accade. Avrebbe dovuto filmarli qualcuno e poi mostrarli a una festa leghista. Si sono accorti che li fissavo. Secondo me non hanno nemmeno immaginato perché. Mi hanno squadrato dalla testa ai piedi. Ero l’unico con la cravatta su tutto il filobus. Devono aver pensato che potessi essere un poliziotto. Si sono allontanati. Sono scesi.

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