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Favole di Natale
I Carmi di Catullo. Saranno loro a farmi compagnia stanotte, rinnovando una tradizione che coltivo da quando avevo diciassette anni. Allora decisi che la notte di Natale dovevo costruirmi uno spazio speciale, concedermi un rapporto con me stesso, uscire dal clima dei regali e delle feste. E leggere un libro secondo ispirazione. A volte ho scelto un libro regalato in quello stesso Natale da una persona cara. Altre volte ho tirato fuori dalla libreria un volumetto intonso o letto e sottolineato decenni prima; in fondo fa lo stesso, tanto il livello di lettura cambia sempre. Quest’anno ho tirato fuori dalla libreria di mio cognato Luigi un Catullo prezioso, rilegato, curato da Ettore Romagnoli ed edito nel 1927, o anno sesto dell’era fascista, come sta scritto sul frontespizio.
Ho passato la giornata con amici e parenti del ramo palermitano. Certo, si è pranzato come si fa qui e altrove per Natale. Notevoli, notevolissimi, i carciofi fritti. Ma si è parlato a lungo e bene, come si fa solo quando ci si incontra avendo a disposizione tanto tempo. E si studiano meglio le parole degli altri. E si scrutano più in profondità i loro gesti. E i cambiamenti che le parole e i gesti rivelano. I cambiamenti dei figli, ad esempio,che in libreria (ieri sera 24) scopri capaci o addirittura avidi di letture che non avresti immaginato. Compri loro una raccolta di poesie pensando che svelerai loro le storie e i segreti di quella raccolta, anche le storie che ti riguardano, e scopri che sanno già tutto, anche il modo in cui una certa poesia è entrata nella tua vita. L’avranno visto, letto, sentito dire una volta e gli è rimasto impresso. E tutto hanno rielaborato, nella loro freschezza sorgiva. Oppure scopri che vogliono per loro i libri che in casa ci sono già e che in casa non hanno mai aperto. O scopri ancora la zia, la sorella di mia madre (rimasta qui quando mio nonno materno, ufficiale dei carabinieri pure lui, chiuse il suo servizio proprio a Palermo), che quasi non ci vede più. E cerca di indovinare con amore le fattezze di tua figlia e allora ti incarichi tu di raccontarle chi è e come è fatta, parlandole in un orecchio, mentre lei la cerca e le parla a sua volta. Gli scambi tra le generazioni sono davvero una delle cose più meravigliose che esistano. Purché siano scambi: né prediche né compiacimenti corrivi.
E a proposito di generazioni. Mi rendo conto che sono rimasto uno dei pochi che si diverte a fare Gesù Bambino per i piccoli nell’ora in cui arrivano i regali. A me questa storia dei corsi per fare Babbo Natale sembra francamente una roba demenziale. Babbo Natale lo si vede, gli vedi le scarpe, così poi quando si rimette in borghese ed entra nella stanza dei regali il bambino (che non è fesso) tende l’indice e rivela: “è lui Babbo Natale”. Ma che bel mistero: svelato da un bambino… Il fatto è che Gesù Bambino non bisogna vederlo. Lui deve bussare alla finestra, meglio dal balcone (occorre un complice; quando i miei figli erano piccoli, me lo faceva Gianni Barbacetto). E quando bussa, i bimbi devono stare in corridoio, fuori dalla stanza. E allora uno entra nella stanza del presepe e dell’albero, e parla ad alta voce con Gesù Bambino. E lo chiama freneticamente, e gli dice ma quante cose hai portato, poi lo corregge, e gli dice che per Giovannino è troppo, perché non è stato molto buono, allora Giovannino sente e piange ma la mamma dice dal corridoio che non è vero, che Giovannino è stato buono, e insieme cantano “tu scendi dalle stelle”, e poi si esce in corridoio a dire che Gesù Bambino ha freddo e vorrebbe del vino per scaldarsi (ci sono le varianti: il brodo, il cioccolatino…), e continua così per venti minuti.
Finché si apre la porta sul corridoio e si dice “ecco i regali” e mentre il complice approfitta del trambusto (o del balcone) per eclissarsi i bimbi si gettano felici sui regali e magari prima cercano Gesù Bambino in cielo e tu gli dici eccolo lì, lo vedi quel puntino luminoso? Lo so, raccontata da un adulto sembra un’idiozia. Ma per il bimbo è una favola stupenda, altro che i travestimenti con le barbe posticce, magari con i master per diplomarsi… Bisognava vedere ieri il mio (pro)nipotino di cinque anni: il desiderio, la gioia spamodica che aveva negli occhi quando è corso sul balcone per vedere Gesù Bambino. Che volete farci. Me lo ha insegnato mio padre, ho poi affinato la sceneggiata per i miei figli, attendo -se ne sarò richiesto- di farlo quando sarò nonno. L’ho fatto ieri da prozio. Con due bimbi osservati da dieci adulti stretti in corridoio, con un po’ di foto scattate sulla loro aria di sogno. E questo non riesco a capire se sia giusto. I sogni non si fotografano, non ci è mai riuscito nessuno. Anche se gli adulti vorrebbero custodirne una traccia per continuare a sognare, pure loro, tra qualche anno. Ancora Buon Natale. Leggete un libro anche voi; bastano le prime due pagine, ed è un’altra cosa.
Nando
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