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Apocalypto e gli sconsigli per gli acquisti
Questo è l’articolo che oggi esce su "Europa". Non ho voluto sostituirlo, nella colonna a destra, all’articolo su Sciascia e Borsellino, troppo importante -per me- in un paese senza memoria. Tanto più dopo le risposte arrivate da Ostellino e Macaluso. A loro risponderò sull’Unità di domenica.
Una cosa è certa, purtroppo. “Apocalypto” sarà un successone. Turbe di coatti e di aspiranti adulti armati di noccioline riempiranno i cinema alla ricerca di sensazioni forti. E altrettanto faranno gli abbonati alle mode; giusto per parlarne, come si fa a non averlo visto? Ma forse “Apocalypto” sarà anche l’occasione per affermare nuovi princìpi sul delicatissimo terreno delle pubbliche responsabilità nei processi di formazione del senso comune. Bisogna ridire che la censura è un meccanismo odioso per una democrazia? Che l’arte è libera, come lo è qualsiasi manifestazione di pensiero? Ridiciamolo. Di più. Ribadiamo pure la nostra consapevolezza che esiste la tecnologia. Cappio, stupro, botte al disabile: tutto in rete, ad azzerare qualsiasi possibile divieto.
Eppure ogni potere pubblico che prenda sul serio la propria funzione di servizio verso certi valori condivisi (quelli dello Stato costituzionale, non dello Stato etico) ha il dovere di non rimanere in passiva contemplazione di fronte alle molte forme degenerative dello spirito pubblico e della cultura di massa che la storia gli squaderna davanti. Non per nulla la nostra Costituzione usa ripetutamente un verbo: promuovere. Ossia elevare, migliorare, fare progredire. Cultura, interessi, visioni, diritti, qualità sociale. Perché nessun governo è degno di questo nome se legittima derive culturali capaci di sovvertire, gradino dopo gradino, nel proprio popolo, il senso di ciò che è “buono” e di ciò che è “cattivo”. Lo ha fatto il governo Berlusconi sul terreno cruciale della giustizia, lasciando macerie che peseranno per anni e anni. Ma meno direttamente molti, troppi governi, magari occhiuti censori sul piano dei costumi sessuali e delle opinioni politiche, hanno legittimato analoga deriva su altri piani civili, restando muti per ignavia di fronte a quantità industriali di volgarità, di incultura, di sadismo. Attentissimi a ciò che toccava il potere e le sue relazioni interne, ma distratti (in nome della libertà…) verso ciò che toccava la qualità della vita collettiva. Verso ciò che incubava rancore sociale, prepotenza, disprezzo per i più deboli, violenza.
Ecco, la violenza come gioco, come dimensione neutra dell’esistenza. Questo un governo democratico non può incoraggiare. Nelle sue scuole, prima di tutto. E poi nella televisione servizio pubblico, altro che audience. Ma anche in ciò che non è di proprietà pubblica, perché un governo porta comunque nelle sue mani il destino di un paese. Ecco perché, all’arrivo di “Apocalypto” nelle sale, Francesco Rutelli ha fatto bene, benissimo, a “sconsigliare” in una direzione e “consigliare” nell’altra. Si è assunto una responsabilità che gli compete. Il terreno è delicato? Certo. E infatti una democrazia ha i suoi contrappesi proprio per questo. Dopodiché, a proposito della commissione che ha ritenuto il film di Gibson buono per tutte le età, forse un primo rimedio c’è: chi sta in queste commissioni e non ci partecipa si accomodi fuori dalla porta. Le commissioni sono un servizio, non una poltrona.
Nando
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