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“Sragione di Stato”. Storie di generali
“Sragione di Stato”. Un amico blogghista mi ha chiesto: sono credibili le tesi che si sostengono in questo libro? Per chi non lo sapesse, si tratta dell’ultimo libro (Rizzoli) di Camillo Arcuri, giornalista genovese, che ha riscritto alcuni passi cruciali della storia d’Italia attraverso la testimonianza del generale Nicolò Bozzo, a lungo braccio destro del generale dalla Chiesa. E con frammenti di altre preziose testimonianze; tra cui, ad esempio, quella di Michele Del Gaudio, il giudice ragazzino (allora) del celebre processo Teardo, anticipazione della tangentopoli craxiana. Allora: è un bel libro, scritto con equilibrio, e con una giusta attenzione a quei fatti (scandalosi, urticanti) che vengono scoperti per poi essere regolarmente seppelliti quando si tratta di fare la storia. Singolare che questo sia il risultato di una ricostruzione fatta sulla base della testimonianza di un generale dei carabinieri. Il quale non svela di punto in bianco scenari sconosciuti. Ma fornisce notizie sulla propria carriera che danno più forza a scenari che egli ha, in termini assoluti, sempre denunciato (Bozzo fu tra i carabinieri, come rappresentante del Cocer, il nemico numero uno della P2).
E’ la storia di cose viste, di punizioni o isolamenti subiti, di operazioni effettuate, di risultati raggiunti. Si sgombra il campo di qualche fantasia ricorrente (ad esempio sulle celebri carte di Moro e sul covo di via Montenevoso), si dà sostanza a tesi spesso emarginate come “visionarie”. Equilibrio, appunto. Perciò, a mio avviso, ci si può fidare. Perché Bozzo racconta tutto quel che ha visto. E’ persona leale, d’altronde. E l’ho sperimentato direttamente quando testimoniò, senza tirarsi indietro su nulla, al maxiprocesso di Palermo.
Abbiamo presentato il libro ieri sera a Genova, in una sala piena soprattutto di anziani. Bozzo, che era un coraggioso e in qualche misura perfino un irregolare (si congedò da generale di divisione facendo davanti alla truppa schierata l’elogio della Rivoluzione francese), mi ha accolto come si accoglie il figlio di un vecchio amico scomparso. Ha fatto fatica, per l’emozione, a ripercorrere alcuni episodi della sua vita. Poi siamo andati a bere qualcosa a un bar e mi ha aggiunto una testimonianza più privata. Era la primavera del 1964, ed era in preparazione il Piano Solo del generale De Lorenzo, comandante dei Carabinieri e dei vecchi servizi che stava predisponendo il famoso “tintinnar di sciabole” contro la sinistra. Mio padre, come altri ufficiali, era stato allontanato da Roma (con mia disperazione, che da pochi mesi avevo conosciuto le bellezze del clima e dell’adolescenza romani). Era stato mandato in un giorno come indesiderato a Torino. Bozzo giovane giunse anche lui a Torino (ma non come indesiderato) e vide un signore che faceva in tuta dei giri nel cortile della caserma. Chiese dunque al carabiniere che serviva allo spaccio chi fosse quel signore. Quello rispose con l’aria spregiativa che si riserva ai vinti: è il tenente colonnello dalla Chiesa, quello che hanno mandato qui per punizione. Dopo anni trascorsi a battersi contro banditismo, mafia, gangsterismo metropolitano, era finito a reggere l’ufficio addestramento degli allievi carabinieri. Mi ha aggiunto Bozzo che un giorno mio padre gli aveva chiesto il favore di una tessera per uno spettacolo per bambini (credo fosse per mia sorella Simona); che lui gliel’aveva promessa; che poi gliel’aveva chiesta per lo stesso giorno un colonnello. E che siccome lui gli aveva risposto di essere spiacente, che l’aveva già promessa al tenente colonnello dalla Chiesa, il colonnello lo aveva subito convocato. Che gli aveva chiesto in toni bruschi che rapporti avesse con dalla Chiesa. Che lui aveva risposto “nessuno, l’ho conosciuto qui per caso”. E che allora il colonnello, diventato più gentile, gli aveva raccomandato di non avere con lui alcun rapporto. “E’ pericoloso”, gli aveva spiegato. E’ pericoloso…
Dopo che me l’ha raccontato siamo andati a piedi fino alla stazione Principe. Camminando ho provato un po’ di malinconia. Il figlio e il vecchio braccio destro accanto nella sera genovese, tra strade quasi deserte, roba da “vecchio frak”. E la sensazione di non essere ancora in grado di misurare tutte le umiliazioni per cui è passata una persona della quale ogni tanto ho creduto di sapere tutto.
Nando
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