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Partito democratico. Dalla parte del merito
(Europa, 30 gennaio 2007) – Se “Forza Ichino” sta diventando in tante conversazioni la parola d’ordine, gridata o soffiata a bassa voce, per dirsi che si sta dalla stessa parte, una ragione ci sarà. Ed è una ragione profonda: che l’Italia così non ce la fa. E soprattutto non ce la fanno gli italiani. Perché un paese non può crescere, non può competere sulla scena internazionale, non può dotarsi di standard di qualità sociale accettabili se non compie, alla fine, una radicale scelta di campo: dalla parte del merito. Dalla parte della professionalità, della serietà, della dedizione al proprio lavoro, specie se in un servizio pubblico pagato dal contribuente.
L’Italia è potuta crescere sul mercato internazionale umiliando in molti settori questi valori finché ha potuto tenere bassi i salari e finché il mercato non ha risucchiato tra i suoi protagonisti i paesi dell’ex terzo mondo. la vera discontinuità tra il progetto politico ancorato alla tradizione del centrosinistra e quello che deve essere interpretato dal Partito democratico. Il merito nelle élites di stato (a partire da magistrati e burocrazie dell’interno), il merito nelle pubbliche amministrazioni, il merito nelle università, nella scuola e nella scienza, il merito nella sanità, il merito nel mercato e nelle professioni e – ovviamente, ovviamente – il merito anziché le tessere nelle élites politiche. il Partito democratico nascesse non tanto come costruzione politico-organizzativa, ma come movimento di idee, come “Manifesto” (ha ragione su questo Nicola Rossi) che fissa alcuni grandi valori per il governo del paese. il Partito democratico”) ha illustrato assai bene quale nesso vi sia tra merito e solidarietà. Ha chiarito che il merito è un “bene pubblico” e che vi è esattamente un “interesse sociale” a valorizzarlo.
Ha potuto assicurare – e non sempre – decenti servizi sociali finché ha potuto, senza passare dall’oste per il conto, gonfiare gli organici del pubblico impiego. Ma ora i bassi salari li praticano gli altri e l’oste ha piazzato la pancia sul tavolo e non se ne va finché qualcuno non paga.
“Forza Ichino” esprime un malessere che sta scoppiando. Contro i nullafacenti, certo, ma anche contro i cialtroni. Il guaio è che di fronte a questo malessere si cincischia, si fanno promesse, magari si dice una parola di troppo, salvo ritirare anche quelle giuste davanti al primo starnuto di un sindacalista.
Difficile per ora vedere atti veri, concreti, profondi, da parte di partiti, sindacati, amministrazioni, imprese pubbliche, ordini professionali.
E tuttavia il paese, la grande maggioranza del paese, li chiede, vivendo con urgenza, e con sempre maggiore impazienza, il problema del cambio di passo. Per un po’ di anni l’economia più produttiva ha pensato che questo problema potesse risolverlo la Lega. Ma è stato un disastro. Poi ha pensato che potesse risolverlo (e chi se no?) il più grande imprenditore di successo.
Nemmeno quello lo ha fatto, incoraggiando anzi le spinte anarcoidi, e dunque menefreghiste, della società. Perciò se oggi il centrosinistra sapesse farsene carico, non solo compirebbe il suo dovere davanti alla storia della cultura civile nazionale, ma indurrebbe probabilmente anche un sostanziale mutamento di atteggiamento politico da parte delle aree economicamente più avanzate del paese.
In definitiva sta proprio qui, in un’Italia fondata sul merito,
Difficile trovare criteri inequivoci per misurare il merito? Grande scoperta. Come è difficile misurare la libertà. Non per questo un paese si accuccia ai piedi di un dittatore.
Occorre disegnare un nuovo orizzonte. E per questo sarebbe cosa buona e giusta se
So qual è l’obiezione che viene in genere dalla sinistra tradizionale. E la solidarietà? Forse che la prima preoccupazione della sinistra non deve essere quella della solidarietà e dell’uguaglianza? Che cos’è questo linguaggio da Quintino Sella? Io credo che la questione vada a questo punto ribaltata. Il convegno organizzato sabato scorso dalla Margherita di Milano (“Medaglia al merito per
O è forse solidarietà verso i bisognosi mettere un incapace ai vertici di un ospedale o a fare il primario di un reparto? È stata solidarietà verso le nuove generazioni pompare pubblico impiego e spesa pubblica fino a precludere oggi investimenti sui giovani nelle amministrazioni locali e nei ministeri? Ed è solidarietà verso i più deboli usare le risorse per il diritto allo studio per premiare anche i mediocri, con il risultato che i “capaci e meritevoli” della Costituzione si ritrovano tra le mani circa la metà di quanto gli servirebbe per studiare senza affanni economici? E ancora, è solidarietà verso i lavoratori o verso i pensionati avere servizi pubblici dagli orari impossibili, dalle procedure faticose, con gli sportelli chiusi per assenteismo o a “gentilezza zero”? Certo che la questione riguarda anzitutto chi dirige e decide. Ma chi dirige e decide deve avere a disposizione anche le sanzioni utili a farsi, in ultima istanza, rispettare se vuole (meritoriamente…) porsi come tutore e garante dell’interesse pubblico.
Questo è il passaggio per cambiare l’Italia.
Qui deve farsi trovare il Partito democratico.
admin
Next ArticleLeggi ad personam. Grazie Armando