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Casal di Principe: in media stat virtus
In ritardo, ma devo dirlo: bella, emozionante perfino, la visita in Campania venerdì e sabato scorsi. Mi sembra ogni volta di immergermi in una regione a due facce. Adolescenti che ammazzano a coltellate o a pistolettate i coetanei per uno scooter o un’occhiata alla compagna di comitiva, le donne che respingono la polizia dai quartieri-fortino; e poi, in certi luoghi e ambienti, una vivacità culturale e un coraggio da restare affascinati. La sera di venerdì sono stato all’Itis di Aversa, la scuola dove insegnava don Peppino Diana, il secondo prete ucciso dalla criminalità organizzata in Italia dopo padre Puglisi. Ci siamo incontrati in una scuola zeppa anche di adulti prima dell’ora di cena, perché lì (sotto la guida di Maria Luisa Coppola e Agata Avvedimento) si realizza il programma “Scuole aperte”; che vuol dire che si parte dal principio che i ragazzi devono potere contare sui locali della loro scuola anche dopo gli orari di lezione, e che quei locali sono tutt’uno con la comunità intorno. Ormai mi sto innamorando (intellettualmente, intendo) delle professoresse che lavorano sui progetti dell’educazione alla legalità in questi territori. Le guardo mentre ascoltano, prendono appunti e contemporaneamente tengono d’occhio i loro allievi, e li coccolano con lo sguardo quando fanno domande intelligenti; e mi domando dove mai sarebbe questo paese se non ci fossero queste donne che guadagnano milleduecento euro al mese. Ho ritrovato anche vecchie e care amicizie, dal giornalista anticamorra Raffaele Sardo e sua moglie Lidia a Renato Natale, sindaco di Casale quando uccisero don Peppino. Alla fine gli insegnanti mi hanno chiesto di “adottare” la scuola. Non me lo sono fatto ripetere. E così l’Itis di Aversa è passato sotto la mia protezione…
Al mattino dopo a Casal di Principe ho incontrato invece gli allievi della “Dante Alighieri”. Quando ha saputo che si trattava di una media inferiore sono stato lì lì per imbufalirmi (si chiamano influenze ambientali…). I ragazzini di quell’età, infatti, sono normalmente i più restii avere un dialogo positivo. Quelli più piccoli di loro, se non si esagera con i tempi degli incontri, sono “naturalmente” più disciplinati. Quelli più grandi, se tiri fuori un po’ di doti da domatore o da attore, li conquisti comunque. Ma i dodicenni e i tredicenni sono un’impresa. Perciò sono rimasto a bocca aperta nel vedere la loro serietà e preparazione. E soprattutto nel vedere una ragazza, Concetta della III A, prendere la parola per darmi il benvenuto a nome della scuola. Qui quando negli anni ottanta uccisero tre ragazzi facendoli trovare bruciati accanto al cimitero, a manifestare furono in quattro, tutti gli altri vennero dai paesi accanto (memorie di Renato Natale, che organizzò la manifestazione). Dunque una ragazza che ti saluta dicendo che “la camorra qui regna sovrana” è il segno grandioso del cambiamento. La preside Maria Gallo si è goduta lo spettacolo delle sue allieve che prendevano l’una dopo l’altra la parola, con Tina Cioffo, una giovane giornalista del Mattino e di Libera, che dirigeva il traffico. Alla fine ho perfino ricevuto – la prima volta in vita mia, non è mai troppo tardi! – un mazzo di rose rosse che ho regalato a Concetta, che a sua volta le ha distribuite alle sue compagne. Sono uscito con la polizia dietro e con i temuti ragazzini e ragazzine che salutavano festanti dalle terrazze della scuola.
Poi, ritorno a Milano. Ho dovuto rifiutare la mozzarella di bufala perché è immersa nel liquido e sull’aereo non la fanno passare, accidenti a Bin Laden anche per questo. La sera a Baggio nuovo incontro. E qui ho magicamente ritrovato una signora, Maria, mia compagna di scuola in seconda elementare. Che mi ha fatto un super-regalo: foto di classe dalle Orsoline, con me piccolino, ciuffo e scarpe estive con gli occhi. L’anno dopo sarei andato alle comunali. Con tutti i maschi della classe. Troppo grandi per restare in classe mista.
Nando
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