Verona. Prove di governo nell’attesa

Dolce Verona. Gli stati generali delle accademie e dei conservatori ci sono stati. E dico che abbiamo fatto bene, benissimo a non disdirli davanti alla crisi di governo (vedi anche l’intervento di una studentessa sul post precedente). E ho fatto bene io ad andarci ugualmente, d’accordo con Mussi, nonostante la decisione iniziale di ministri e sottosegretari di sospendere tutte le manifestazioni ufficiali. C’erano cinquecento delegati da tutta Italia, compresi molti studenti. Mi sono reso conto di persona quanto fosse importante esserci e sentire. Per captare gli umori multiformi, dei docenti come degli studenti. Per misurare le cose da fare, ma anche il percorso fatto. Importante esserci e vivere la stessa atmosfera e la stessa voglia di  impegno  delle persone che sei chiamato a governare. E alle quali devi dare risposte. Non sempre quelle che loro vorrebbero, ma quelle che ritieni più giuste dopo avere visto, ascoltato e riflettuto. Da Verona mi porto dietro di tutto: suggerimenti espliciti, sollecitazioni sacrosante, splendide provocazioni, ma anche ritratti d’epoca da rielaborare, foto di gruppo da ritoccare senza nostalgie, orizzonti possibili e orizzonti da cui prendere il largo.

Bello, proprio bello. Devo dire anche che mi si è rotta la voce (accidenti a me!) mentre intervenivo e ipotizzavo la possibilità di lasciare il lavoro fatto e anche di lasciare quelle persone. Per fortuna sono stato salutato con molta benevolenza. Parola mia che se il governo dovesse avere la fiducia (di questo ne riparliamo…) mi batterò anima e corpo perché le cose che ho in mente per questo settore si realizzino. In realtà ogni tanto ho la sensazione che molti, lì dentro, mi prendano per un predicatore. Uno che dice cose giuste come il prete alla messa di mezzogiorno della domenica o -per capirsi- come Sandro Pertini nelle sue esternazioni: ma che bel discorso che ha fatto, poi si torna a casa e si riparte come prima. E invece molte cose devono cambiare se davvero si crede nel futuro da dare a queste istituzioni e ai loro studenti.

In ogni caso Verona ha regalato un quadretto di vita quotidiana impagabile per chi era a una cena di venerdì sera: il direttore generale del ministero, Bruno Civello, seduto a tavola accanto a Dora Liguori, la sindacalista che più lo mette in croce con le sue rimostranze. Si scambiavano amabilmente i complimenti (ma io che ero vicino dico che erano fusa guardinghe…) sicché c’è stato, tra docenti e sindacalisti, chi ha evocato le atmosfere di Romeo e Giulietta per spiegare la sensazionale metamorfosi. In realtà è bastata la ripresa dei lavori al mattino dopo per mandare in frantumi l’intesa e riportare tutti alla normalità.

Ora, prima di ricominciare a progettare sul serio, attendo gli sviluppi. Domani vado a Messina, dove da tempo un gruppo di studenti dell’università vuole incontrarmi (ma non potrò mantenere gli impegni ufficiali). E mercoledì voglio andare in senato per sentire direttamente Prodi. E per capire personalmente che clima c’è. Tra i miei amici blogghisti, mi par di capire, non tira decisamente un buon clima. Ma vorrei dire loro una cosa: che quello che è accaduto sia di insegnamento a tutti. Al governo, certo, e ci mancherebbe; ma anche ai suoi elettori. Se no, anche se dovesse andar bene in settimana, ci rifiniamo dentro molto presto. E allora tutti a casa. Come popolo, intendo. E senza biglietto di ritorno.

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