Donne siciliane. Se l’antimafia è femmina

Dolce Messina. Nonostante la pioggia battente. Nonostante la nuvolaglia che alitava sullo Stretto fosse carica di noia; molto diversa da quella che rendeva comunque romantico l’attracco per chi veniva dal “continente” quando ero ragazzo e viaggiavo da Milano a Palermo con diecimila lire per un’ottima seconda classe in piedi fino alle “Calabrie” (così si diceva allora). Dolce Messina per quello che ho visto e sentito nell’aula magna di giurisprudenza (invito del rettore Francesco Tommasello e dell’economista Mario Centorrino). Per la prima volta c’è stato un dibattito teorico, una specie di seminario scientifico sulle “Ribelli”. Sono rimasto di stucco sentendo quattro interventi di donne (tre professoresse dell’università, un assessore comunale alla legalità) che mi hanno confermato nella mia convinzione che la lotta alla mafia sia prevalentemente un movimento al femminile. Antonella Cammarota, Antonella Cocchiara, Marianna Gensabella, Clelia Fiore hanno infilato senza fermarsi analisi e riflessioni di un livello e un’originalità rari. Tutti intrisi di vita vissuta, di impegno civile quotidiano. E questo si capiva, si capiva da ogni parola (Clelia Fiore, fra l’altro, ha raccontato di essere andata ragazzina ai funerali di Impastato). Ma c’era il di più della sociologa o della filosofa che sulla esperienza delle ribelli ragiona per rifare la teoria, o almeno per metterla alla prova. Mi ha colpito, ad esempio, la tesi che vede nel grido, nell’urlo di dolore della madre la voglia di rimettere al mondo il figlio, una sorta di nuovo “urlo del parto” (qualcuno sorriderà, ma la tesi ha una profondità straordinaria). O il riferimento alle “virtù muliebri” di Hegel per dare loro, in base alla storia di “questa” antimafia, un senso rinnovato. Spiegato, argomentato, con lucida cultura. Non so quante intellettuali ci siano in giro così. Ma fortunata l’università che le offre ai suoi studenti e fortunati loro (anche perché tutto mi fa pensare che quelle professoresse le lezioni le facciano assiduamente).

Non ho potuto partecipare ad alcune cerimonie ufficiali, invece, per via della crisi di governo. Oggi sono andato al senato per sentire il discorso di Prodi. Asciutto ed essenziale. Dice: ma lo ha letto. Non ci ha infiammato. Che scoperta. Ma non siamo forse contro i leader carismatici? Io credo che Prodi debba rassicurare e tracciare una linea condivisa. L’entusiasmo ce lo dobbiamo mettere noi, chi ne ha di più ne metta di più. Molti di noi hanno visto, sentito, e vissuto abbastanza cose per credere in quello che fanno; per crederci ogni giorno che giunge in terra e non lo spazio di un (felice) mattino. Aspettiamo il voto, dunque. Dita incrociate con speranza.

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